La mossa

Giorgia Meloni, così ha dato la sveglia a Paolo Gentiloni

Antonio Rapisarda

Paolo Gentiloni? Dovrebbe aiutare fattivamente l’Italia a “sbloccare” lo stallo Ue che coinvolge Ita-Lufthansa. A margine della conferenza stampa di chiusura del G20 di Nuova Delhi, Giorgia Meloni è tornata a incalzare il commissario europeo per gli Affari economici: colui al quale aveva chiesto «un occhio di riguardo» – finora evidentemente mancato – sui dossier stringenti che in Europa riguardano l’Italia. Pochi istanti prima di partire dall’India in direzione Qatar, la premier ha risposto così a chi le chiedeva di perimetrare i casi particolari su cui il commissario (criticato con diverse gradazioni dai vicepremier Salvini e Tajani sul medesimo “deficit”, a proposito della riforma del patto di Stabilità e sul nodo Pnrr) non dovrebbe far mancare un’attenzione “anche” alle ragioni italiane.

Uno di questi riguarda proprio l’operazione Ita: sulla quale non è ancora arrivato il via libera della concorrenza europea. «Sta accadendo qualcosa di obiettivamente curioso – ha spiegatola presidente del Consiglio –: cioè la stessa Commissione Ue che per anni ci ha chiesto di trovare una soluzione al problema Ita, quando troviamo una soluzione al problema la blocca e quindi noi non stiamo più capendo».

 



FATE PRESTO
Una questione sottoposta puntualmente dal titolare del Mef a Gentiloni durante la trasferta indiana: se è vero, infatti, che quest’ultimo non ha la delega al dossier è altrettanto vero che proprio sul destino della compagnia area italiana si gioca una partita che interessa l’intero sistema-Paese. Di qui il “fate presto” di Meloni: «Vorremmo una risposta», ha chiosato ricordando lei stessa come su questo è stato interessato proprio «il commissario Gentiloni dal ministro Giorgetti». La risposta di Bruxelles è arrivata a stretto giro: l’esecutivo Ue «non ha ancora ricevuto la notifica» dell'accordo Ita-Lufthansa, quindi per ora non c'è altro da «aggiungere». Secondo la procedura, ha spiegato un portavoce, sta alle società notificare la transizione alla Commissione, che solo a quel punto può iniziare l'esame. L’uscita ha innescato l'altrettanto immediata precisazione da parte del Mef, secondo cui la notifica dell'accordo per la cessione di una quota di minoranza di Ita a Lufthansa viene accettata, da prassi, solo al termine di un'istruttoria che la stessa Commissione sta portando avanti «molto minuziosamente» nell'ambito di una fase di pre-notifica «già avviata». In ogni caso per il governo la risposta dell'esecutivo comunitario «è positiva perché rappresenta il presupposto di un iter che sarà molto veloce».

A LUSSEMBURGO
Lo stallo Ita-Lufthansa è collegato a un altro nodo sul quale il governo spera che ancora Gentiloni non perda di vista la nazione che lo ha indicato: le nomine ai vertici delle istituzioni europee. L'Italia, infatti, continua a spingere sul nome dell'ex ministro Daniele Franco alla guida della Bei. «Abbiamo candidato una figura tecnica riconosciuta da tutti, non abbiamo fatto una scelta politica», ha affermato non a caso Meloni per la quale «se dovessimo sottomettere le massime istituzioni finanziarie europee a scelte di partito (come sembra, dato che la favorita sembra la socialista Nadia Calvino, vicepremier spagnola, ndr) mineremmo la terzietà di queste istituzioni». Per ciò che riguarda i risvolti del G20, Meloni ha rinnovato le congratulazioni al primo ministro Modi «per la riuscita di questa non facile edizione» (sulla cui “stabilità” la premier ha lavorato molto, in previsione del G7 che ospiterà l’Italia) e ha difeso con forza il senso della dichiarazione finale, da molti considerata “soft” rispetto all’edizione di Bali. Nessun passo indietro sull’Ucraina: «È una dichiarazione di compromesso ma la considero comunque importante in questo contesto: penso che anche la Russia abbia sottoscritto le conclusioni per evitare un isolamento». Non è mancata, infine, una risposta sui rapporti con la Cina e sul destino della “nuova via della seta” dopo l’incontro con il primo ministro Li Qiang: «Italia e Cina sono consapevoli di quanto sia importante mantenere le relazioni, rafforzarle, cooperare». Insomma, non esiste solo la “Belt and Road” e un’uscita– con la giusta grammatica istituzionale e diplomatica – dell'Italia non comprometterebbe di certo i rapporti con Pechino: «Il pragmatismo nella maggior parte dei casi ha sempre la meglio, confido che andrà così. Mi pare ci sia volontà di continuare a dialogare».