Passato e futuro

L'autonomia aiuta il Sud: una battaglia di tanti meridionalisti

Corrado Ocone

Che l’autonomia amministrativa e il federalismo possano essere un bene non solo per le regioni più ricche del nostro Paese ma anche per il Mezzogiorno apparirà ai più nulla più che una boutade, o tutt’al più uno slogan propagandistico di qualche secessionista del Nord che vuole dissimulare le sue vere intenzioni. In verità, la vera e martellante propaganda è stata e continua ad essere quella che ha messo in moto negli anni la sinistra, per principio centralista e statalista, contro ogni ipotesi di autonomia.

 

POSSIBILITÀ DI RISCATTO

Tanto abili sono stati i “compagni” da far diventare irriflesso senso comune quella che è semplicemente una scelta ideologica. Si è trattata di una riuscita operazione di “egemonia culturale” che ha messo, fra l’altro, in ombra tutta quella tradizione intellettuale e politica che ha fatto capo a uomini del Sud che hanno intravisto il riscatto e lo sviluppo delle loro terre in una assunzione diretta di responsabilità da parte dei meridionali.

Sembrerà strano agli orecchianti ma, almeno fino al fascismo, la tradizione del meridionalismo, anche di sinistra, si è svolta per lo più nel segno della richiesta di un’autonomia, anche e soprattutto finanziaria, che facesse progredire veramente il Mezzogiorno contribuendo a creare una classe dirigente di nuovo stampo. Il Sud, per il meridionalismo classico, aveva tutte le carte in regola per fare da sé, per superare quell’atavico vittimismo che porta ancora oggi a chiedere aiuti e prebende allo Stato, che castra ogni energia e creatività intellettuale, che finisce per premiare gli inetti e gli infingardi, che fa del politico un collettore e distributore di risorse pubbliche.

L’elenco dei grandi meridionalisti che hanno richiesto l’autonomia amministrativa per il Sud è veramente lungo: Gaetano Salvemini, don Luigi Sturzo, Umberto Zanotti Bianco, Guido Dorso. Sono rappresentanti di tutte le culture politiche, ma il loro contributo intellettuale è del tutto dimenticato. Le loro idee furono sconfitte dal fascismo prima e dalla Repubblica poi. Che il loro discorso possa essere ripreso oggi da questo governo, anche grazie all’azione della sua componente leghista, potrebbe essere una di quelle gradite “astuzie della ragione” di cui la storia è piena.