Grottesco

Elly Schlein, ispettore a Parigi: l'ultima sceneggiata della segretaria "in missione"    

Antonio Rapisarda

Dove non è riuscito – volente o nolente – il “dottor Sottile” con l’intervista sulla strage di Ustica (incrinare i rapporti fra i governi di Roma e Parigi senza per giunta portare, per sua stessa ammissione e clamorosa retromarcia, alcun nuovo elemento per sfondare “il muro di gomma”), a provarci, o meglio a sfruttare la passerella, è stata Elly Schlein. Proprio così. Dopo le polemiche e il delicato carteggio diplomatico sull’asse franco-italiano, suscitati dal j’accuse di Giuliano Amato nei confronti della Francia e della Nato sull’esplosione del Dc9 Itavia del 27 giugno 1980, la vicenda si è tinta ancor più di grottesco con l’arrivo della leader del Nazareno ieri a Parigi: in “missione” – questo ha voluto far intendere – per risolvere uno dei più grandi e tragici misteri italiani.

TRASFERTA GRIGIA
Certo, la giornata parigina della segretaria con tre cittadinanze prevedeva, sulla carta, eventi di partito: un incontro con il circolo locale del Pd in vista delle prossime Europee (con i circoli dello Stivale che faticano, al contrario, “a vederla arrivare”), la colazione all’Hotel de Ville con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo e un vertice con il leader del Ps Olivier Faure (scopo dell’incontro? Portare in Italia l’intesa con la sinistra radicale di Mélenchon, ultima speranza dei socialisti francesi in agonia: un vero “affare” per la minoranza dei riformisti dem nostrani). In verità l’unico vero spunto emerso dalla trasferta, dato il luogo e la tempistica, è stata l’intemerata di Elly su Ustica che fa scopa con l’uscita dell’ex sottosegretario alla Presidenza dei governi Craxi I e II. «Il Pd è sempre stato al fianco dell’Associazione dei familiari delle vittime di Ustica, 81 vittime, per chiedere la ricerca della verità e della giustizia», questa la giusta premessa al suo arrivo nella capitale francese a chi le ha chiesto un commento alle parole di Amato.

 

«Ancora oggi è il caso di ricordare che tutte le istituzioni repubblicane devono fare tutto il possibile, perché non è accettabile che dopo 43 anni non ci sia piena verità», ha aggiunto la segretaria del Pd che si rivela così impermeabile “a targhe alterne” – a differenza, ad esempio, della strage di Bologna – alla cosiddetta verità giudiziaria. Tutto questo prima di avventurarsi ben oltre il protocollo che compete a un leader dell’opposizione: «Sono giorni in cui c’è stato un dibattito acceso (su Ustica, ndr) che riguarda anche la Francia», ha aggiunto affermando come ciò a suo avviso debba implicare «una forte collaborazione con i Paesi partner», chiamati a contribuire «a far emergere pezzi di verità mancanti. Il diritto alla verità è dei familiari delle vittime e di tutto il Paese».

 

COLPO AL GALATEO
Il risultato? Un buco nell’acqua. Né da alcun ministero transalpino né dall’Eliseo è giunta replica o, figurarsi, un accenno di assenso all’esortazione. L’unico a prendere sul serio l’appello di Schlein, ma con l’obiettivo di bacchettarla pubblicamente, è stato Carlo Calenda. «Con tutto il rispetto per l’iniziativa sicuramente animata da buone intenzioni, dobbiamo stare molto attenti a non generare ulteriore confusione dopo l’intervista di Amato», ha annotato su Twitter il leader di Azione riprendendo proprio le parole della segreteria dem. A seguire la “lezione” di bon ton istituzionale all’alleata, a proposito del rispetto di ruoli e istituzioni: «Approfondire con il governo francese spetta al governo italiano». Non certo, però, in base a semplici “ricostruzioni” come quelle fornite da Amato: ma solo qualora «ci fossero informazioni non rilasciate relative ad Ustica».