Nervi tesi

Elly Schlein, la fidanzata insulta Libero: "Mi fate schifo"

Pietro Senaldi

La premessa è che ciascuno è libero di manifestare le proprie opinioni. Nessuno pretende che il limite lo dia la buona educazione, ci mancherebbe; basterebbe evitare l’insulto, perché odora di manganello, specie se la bocca da cui esce è lingua in bocca con il potere, culturale, sistemico, mediatico. Riavvolgiamo il filo. Sabato scorso, ai funerali di Michela Murgia, Roberto Saviano è salito sul pulpito e ha pensato che il modo migliore per ricordare la scrittrice fosse insultare i giornali sovranisti e populisti, che quando era in vita si sono permessi di attaccare la defunta per alcune posizioni pubbliche dalla medesima sostenute. Gli ho replicato io, per tutti, forte di non aver mai scritto un rigo sull’intellettuale sarda, più che altro perché non mi è mai interessato nulla di quanto pensasse e non critico quel che poco conosco. Non così è abitudine degli estimatori della signora, che ci insultano ad alzo zero senza preoccuparsi di chi siamo e continuando a sostenere che noi rappresenteremmo il regime, mentre semplicemente siamo la voce di una parte della popolazione, maggioritaria se questo qualcosa conta, con la quale loro non riescono a parlare da tempo.

IL COMIZIO
Ho scritto che Saviano ha trasformato l’addio alla sua amica in un comizio e l’ha ricordata solo in quanto militante politica, facendole a mio avviso un torto, perché lei era prima di tutto una scrittrice e una donna dal pensiero complesso e universale, che non meritava di essere ridotta a partigiana. Insomma, ho scritto che l’autore di Gomorra ha parlato più di sé che della protagonista delle esequie. Ci sta far emergere un po’ di noi ricordando un altro, ma mettersi al suo posto no. Saviano sarà pure ormai solo uno sputasentenze che va in tv a dare del «bastardo» a Meloni e Salvini e a dichiararsi martire del pensiero se questi reagiscono. La Murgia però ci pare fosse soprattutto altro.

Comunque, il nostro giudizio non è stato condiviso da personaggi autorevoli, in prima fila la fidanzata di Elly Schlein, Paola Belloni, nota essenzialmente per essere la fidanzata di Elly Schlein e in quanto tale diventata maestra di pensiero, la quale ha scritto papale-papale che le «facciamo schifo». Curiosa questa nuova sinistra, che attacca il compagno del premier perché, da giornalista, parla in tv, ma poi irrompe nel dibattito pubblico con i suoi partner schiamazzando insulti come il più ottuso dei leoni da tastiera. Questa Schlein ci fa rimpiangere Bersani, Veltroni, D’Alema, perfino Renzi, quando i dem avevano consorti capaci di lasciare il palco a chi lo occupava per lavoro. Ovviamente di fare schifo alla Belloni ci importa il giusto, ossia meno di zero, però ci tocca risponderle, perché lei è una donna importante, anche se per meriti altrui.

Non siamo noi di Libero ad aver approfittato del funerale della Murgia per attaccare Saviano ma è stato Saviano a cogliere l’occasione dei funerali della Murgia per sparare bordate contro di noi. La nostra colpa è esserci difesi e denunciare lo squallore dello show dello scrittore. Secondo chi ci critica avremmo dovuto incassare le contumelie e tacere, forse anche ringraziare riportandole a caratteri cubitali in pagina, senza replicare; per rispetto del morto, si intende. Ebbene, noi il morto lo abbiamo rispettato, e lo abbiamo lasciato fuori da ogni polemica, anche quando il suo funerale è stato trasformato in un talkshow (i talk di Saviano normalmente funzionano così: lui parla e non c’è contraddittorio, altrimenti l’anti-fascista manco si presenta, è troppo democratico per un confronto). Qualche suo amico meno.

REGIME
Corre obbligo rispondere anche alla Stampa e alla scrittrice Chiara Valerio, che il quotidiano cita; non vorremmo mai si sentissero sminuiti. La signora scrive che la nostra replica agli insulti «è la misura di quanto i giornali di regime temano la piazza». Ebbene, vorremmo precisare che in Italia non c’è alcun regime; probabilmente non c’era neppure nei dieci anni di governo che abbiamo fatto con esecutivi non eletti ma tutti con il Pd a tirare le fila, semmai in questo caso si può parlare di potere nelle mani di una minoranza, sempre la stessa. Se fossimo al posto del governo comunque, non temeremmo certo le piazze rosse o arcobaleno, né tantomeno le Valerio e i Saviano, che sono per la sinistra quel che Emilio Fede era per Berlusconi, dei poco simpatici guitti che hanno l’effetto tragicomico di togliere consenso mentre vorrebbero aumentarlo.

Quanto alla Stampa, che in un articolo a firma Panerari mi rimprovera di aver dato a Saviano dell’istrione, fazioso e falsario e di aver usato il marchio di fabbrica dei giornali di destra, ossia approfittare di ogni pretesto per alimentare lo scontro politico, mi chiedo: perché, qualcuno pensa che Saviano sia oggettivo e non di parte, si crede che davvero lui parli come fosse Vittorio Gassman a casa sua e non diventi invece manifestamente teatrale in favore di telecamera, qualcuno è convinto che pensi sinceramente che Salvini sia il senatore della ‘ndrangheta, come ha detto? E di nuovo: non dobbiamo rispondere a chi ce ne dice di ogni solo perché parlava da un pulpito funerario? La difesa, se la facciamo noi, diventa automaticamente strumentalizzazione dell’attacco? Non siamo noi a voler portare la politica nella tomba, di nessuno.