Convergenze impossibili

Elly Schlein e Giuseppe Conte, un asse dannoso in politica estera

Fabrizio Cicchitto

Può piacere o non piacere l’iniziativa assunta da Giorgia Meloni con la Von der Leyen in Tunisia e i contenuti dei suoi colloqui con Biden ma essi colgono, certamente con limiti intrinseci e con un ritardo di cui non è responsabile la premier, degli enormi problemi che riguardano i rapporti dell’Europa e di tutto l’Occidente con l’Africa e che vanno al di là della drammatica questione riguardante i migranti. È inevitabile fare un passo indietro. A nostro avviso, l’ultimo grande presidente americano è stato Bush senior che bloccò Saddam Hussein nel Kuwait ma che si guardò bene dal distruggere l’establishment sunnita perché l’Iraq veniva usato come antitumorale nei confronti dell’Iran. Un errore tragico quello commesso da Bush junior che attaccò frontalmente Saddam Hussein, sciolse il Baath e l’esercito iracheno consegnando il potere agli sciiti che si saldarono con quelli iraniani.

A loro volta una parte dei sunniti passarono a sostenere il terrorismo jihadista. Non parliamo degli errori di Obama, guerrafondaio in Libia, malgrado le perplessità di Berlusconi, l’uccisione di Gheddafi ha avuto la conseguenza di destabilizzare totalmente quel Paese. Invece in Siria Obama è stato del tutto pacifista, non ha risposto come aveva minacciato all’impiego di bombe chimiche di Assad, ha lasciato campo libero a Putin e nel 2015 ha messo insieme una coalizione militare composta da truppe iraniane, hezbollah, milizie sciite, che ridiedero così il potere ad Hassad divenuto una marionetta nelle mani di Putin, che ha anche acquisito alcuni porti strategici. Non parliamo della Tunisia che è stata l’unica democrazia uscita tra le primavere arabe. Ma che è stata abbandonata a sé stessa e alla sua povertà dall’Italia, dalla Francia, dall’Unione Euopea e dagli USA. Anche in seguito a questa assenza oggi il potere è stato preso da un dittatore, ma con esso dobbiamo fare i conti come sostiene la Meloni, per evitare il peggio.

 

Ma qui veniamo al problema di fondo: l’Occidente non ha capito nulla di quello che avveniva con la fine del comunismo in Russia, diversamente da quello che sostiene la propaganda di Putin. Non c’è stata alcuna aggressività della Nato ai confini russi. Anzi la Germania e l’Italia hanno messo larga parte del fabbisogno energetico nelle mani di una Russia di Putin non più comunista ma ultra nazionalista. A loro volta gli Usa hanno spalancato le porte del WTO alla Cina estremamente aggressiva sul piano economico. In questo quadro l’Occidente ha anche smesso di far politica verso l’India e nei confronti dell’Africa. Invece la Cina ha investito sull’Africa enormi risorse economiche e la Russia altrettante forze su quello militare. 

L’ultimo campanello di allarme è ciò che è avvenuto nel Niger. Nel passato nella deprecata prima Repubblica Andreotti, Fanfani, Moro e Craxi facevano politica nel Mediterraneo e i servizi italiani avevano un’alta specializzazione in quell’area. Dopo di che tutto è stato abbandonato a sé stesso. Per questo l’iniziativa della Meloni ha fatto breccia in Europa e negli Usa malgrado l’handicap costituito dal suo punto di partenza molto spostato sui paesi di Visegraad, oggi però molto divisi sulla questione decisiva dei rapporti con Putin. Per questo sulla politica estera si dovrebbero realizzare convergenze basate fra la maggioranza e le varie forze di opposizione. Operazione assai difficile se la Schlein, con il suo nuovo maitre à penser Bersani, continua a inseguire Conte e i grillini sempre più pacifisti in versione putinista come del resto dimostra la linea del Fatto che in modo sempre più scoperto è diventato l’organo ufficioso dell’ambasciata russa in Italia. 

di Fabrizio Cicchitto
*presidente di ReL Riformismo e Libertà