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Giorgia Meloni, la sinistra tocca il fondo: "Non ha detto la parola 'fascista'"

Daniele Dell'Orco

A 43 anni dalla strage di Bologna i rappresentanti delle istituzioni hanno fatto eco alle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ieri, ricordando le vittime dell’attentato alla stazione, ha scritto: «L’Italia ha saputo respingere gli eversori assassini, i loro complici, i cinici registi occulti che coltivavano il disegno di far crescere tensione e paura. È servita la mobilitazione dell’opinione pubblica. È servito l'impegno delle istituzioni. La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato».

 


A Palazzo Madama, dove è stato osservato un minuto di silenzio esattamente nel momento dell’esplosione, anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato apertamente di strage neofascista: «Va doverosamente ricordata la definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità di questa strage», ha sottolineato, pur chiedendo che venga rimossa sulla strage «ogni ombra e ogni interrogativo ancora aperto». Di tenore analogo le parole del presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana: «Quella strage, che sentenze definitive hanno stabilito essere stata di matrice neofascista, rappresenta una delle pagine più buie e dolorose della nostra storia repubblicana». Nel capoluogo emiliano, anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha partecipato al corteo per ricordare la strage, camminando di fianco al sindaco Matteo Lepore e insieme alle altre autorità cittadine e regionali tra cui il governatore dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Presenti anche l’attivista Patrick Zaki e il segretario del Pd Elly Schlein.

 


Sulla strage di Bologna «i processi giudiziari sono giunti fino alle condanne degli esecutori, delineando la matrice dell’attentato. Le sentenza hanno anche individuato complicità, ma restano ancora delle zone d’ombra. I risultati non esauriscono ma incoraggiano tutte le istituzioni ad andare avanti», ha detto Piantedosi. Polemiche dalla stampa di sinistra sul post del premier Giorgia Meloni, che ha esordito così: «Il 2 agosto 1980 il terrorismo ha sferrato all’Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci». Il mancato riferimento esplicito all’eversione nera e al neofascismo ha scatenato i critici, sempre vogliosi di dettare le parole esatte che dovrebbero dire gli altri e così chirurgici solo quando i terroristi da menzionare non sono quelli “rossi”. «Giungere alla verità sulle stragi - ha aggiunto Giorgia Meloni- che hanno segnato l’Italia nel Dopoguerra passa anche dal mettere a disposizione della ricerca storica il più ampio patrimonio documentale e informativo. Questo governo, fin dal suo insediamento, ha accelerato e velocizzato il versamento degli atti declassificati all’Archivio centrale dello Stato e li ha resi più facilmente consultabili, completando quella desecretazione che era stata avviata dai governi precedenti».

Insoddisfazione espressa dal presidente dell’Associazione delle vittime, Paolo Bolognesi, che ha chiesto al governo maggiore chiarezza: «Come fate a dire che la strage è di destra quando tutti i vari partiti di governo hanno firmato una richiesta di una commissione per vedere l’interessamento estero sulle stragi? Cercate di mettervi d’accordo come governo. Quando noi siamo qua vogliamo parole chiare, la smettano di fare cose che non hanno niente a che fare con la verità, i processi vengano fatti nei tribunali».