Tam-tam
Renzi ci prova davvero col governo, boatos in Parlamento: sabato prossimo...
Ci sarebbe già una data, sabato prossimo, prima della pausa estiva. E un nome: Italia Viva- Centro Riformista. Una dicitura che la dice già lunga su dove intende andare il partito di Matteo Renzi: lontano da Azione, sicuramente non a sinistra come sta facendo Carlo Calenda, sostengono gli spifferi di palazzo.
A ben guardare non sarebbe neanche tanto una notizia, considerato che i rapporti tra i due ex alleati del Terzo Polo da tempo sono ridotti ai minimi termini e la telenovela tra il senatore di Rignano e il collega di Roma va avanti da mesi, tra colpi di scena, tweet velenosi e botta e risposta tra le rispettive truppe dei due generali mai veramente amici. L’ultima novità, però, è tutta politica e riguarda la separazione dei gruppi parlamentari, argomento meno appassionante di una cena al Twiga con la Santanchè, eppure fondamentale per chi segue le vicende interne ai partiti. Nonostante i rapporti tra Italia Viva e Azione si fossero assai raffreddati, sia alla Camera che al Senato le due mini-formazioni erano ancora insieme all’interno di quel Terzo Polo ormai evaporato come un fugace amorazzo estivo. Un esperimento elettorale andato male sia alle Politiche, dove non c’è stato il botto sperato, che alle amministrative. Eppure in Parlamento Iv e Azione erano (e sono) ancora uniti, soprattutto per una questione di numeri, visto che in assenza di una certa soglia di rappresentanti, si finisce nel limbo senza identità del Misto.
Ma, ieri, ai microfoni di Radio Leopolda, ci ha pensato Roberto Giachetti, fedelissimo di Renzi, a squarciare il velo delle ipocrisie. «Ha ancora senso che Azione e Italia Viva continuino a stare insieme?». L’ex vicepresidente della Camera esperto di regolamenti parlamentari, marzullianamente, si è fatto una domanda e si è dato una risposta. «È ora di dividere i gruppi», ha detto. Perché andare avanti così «non solo è devastante, ma anche deprimente». Giachetti ha lanciato una provocazione, ma il divorzio è inevitabile, tanto più che le ultime sparate di Calenda contro i tre di Iv (Boschi, Bonifazi e Nobili) pizzicati a cena dalla ministra del Turismo, hanno fatto infuriare l’ex premier: «Ognuno a cenava con chi vuole. Attaccarci per questo non mi sembra lungiramente e nemmeno liberale», ha dichiarato al Corriere.
Quindi l’accelerazione verso l’addio, che potrebbe avvenire sabato, con possibili innesti e fughe. Non solo, certamente, per l’affaire Twiga, ma perché su almeno tre punti essenziali - elezione diretta del premier, no al salario minimo e commissione d’inchiesta Covid - quelli di Azione hanno cambiato idea e, a detta dei renziani, sono ora «molto più appiattiti sulle istanze dei 5stelle», altro che Terzo polo, e alle Suppletive appoggiano il radicale Cappato, per dire un altro terreno di scontro. Mentre Italia Viva, anche in prospettiva delle Europee, ha in mente un percorso più centrista (da qui il nome del gruppo che nascerà) e già da mesi i retroscena parlano di convergenze con Fi e perfino con Fdi. Sarà vero? Per ora si guarda ai numeri, con Italia Viva che avrebbe parlamentari a sufficienza al Senato per andare in autonomia, mentre Azione rischia di scivolare nel Misto, dove il capogruppo è un esponente di Avs, Alleanza Verdi e Sinistra, non proprio un frequentatore di Capalbio come Calenda...