Grazia d'Egitto
Patrick Zaki, la sinistra si schiera: "Giusto dire no alla Meloni!"
Dopo la concessione della grazia da parte del presidente egiziano Al-Sisi a Patrick Zaki e i tentativi di sminuire il ruolo decisivo svolto dal governo Meloni per arrivare all’esito positivo, la sinistra, scombussolata dalla notizia, ha trovato il modo per trasformare di nuovo l’attivista egiziano in strumento per attaccare l’esecutivo. Zaki, come rivelato in anteprima ieri da Libero, appena liberato dal carcere di Mansura dov’era ristretto dopo la condanna a 3 anni per «propaganda sovversiva», si era immediatamente diretto all’ambasciata italiana al Cairo. Inizialmente, stando alle parole della stessa Meloni, i burocrati stavano lavorando per farlo rientrare in Italia già giovedì sera. Il ricercatore dell’università di Bologna, però, dopo un confronto con i suoi legali, ha fatto sapere di avere altri piani: restare in Egitto ancora per qualche giorno, ritornare in patria tra un paio di settimane per organizzare il suo matrimonio in programma il prossimo settembre, arrivare nelle prossime ore a Bologna via Milano senza passare per Roma, rinunciando al volo di Stato messo a disposizione dal governo italiano.
ITER BUROCRATICO - Sarebbe dunque dovuto atterrare oggi alla Malpensa con un normale volo di linea Egyptair, ma ieri i piani sono cambiati di nuovo: «È venuto alla nostra attenzione che i documenti ufficiali per revocare il divieto di viaggio saranno finalizzati domenica a mezzogiorno. Quindi, dopo dovremo viaggiare per assicurarci che la mia situazione legale sia chiara al 100%. Stai tranquillo Bologna, arrivo tra un paio di giorni, dobbiamo solo aspettare altri due giorni» ha scritto su Twitter lo stesso Zaki. Tutto rimandato a lunedì, dunque.
Lo smacco nei confronti del governo però rimane. Oltre alla rinuncia al volo speciale, Zaki ha anche chiesto di evitare foto con le autorità.
Sussurri dalla Farnesina sostengono che non abbia offerto motivazioni particolari, ma l’orientamento politico del governo che ha lavorato sodo per la sua liberazione è ben diverso dal suo, e sarebbe ingenuo pensate che ciò non abbia svolto un ruolo decisivo nella scelta del “basso profilo”. La decisione di Zaki, non apprezzata granché nemmeno dell’apparato dell’intelligence italiana che comunque dovrà garantire la sua incolumità, è stata applaudita dal (e concordata col) portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury: «La reputazione dei difensori dei diritti umani si basa sulla loro indipendenza dai governi. Ringraziano e apprezzano quando si fanno delle cose per loro, come sono state fatte e infatti Patrick ha ripetutamente ringraziato governo e ambasciata. Decidere di viaggiare su un volo di linea non è un gesto di opposizione politica, ma un gesto di indipendenza - ha detto - Zaki deve decidere in queste poche ore come vuole affrontare il suo passaggio in Italia, se farsi affiancare dalla famiglia (opzione inizialmente esclusa dallo stesso attivista, NdR), dove alloggiare e come gestire il suo futuro accademico».
Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra, definisce «apprezzabile» la scelta di Zaki di usare un volo di linea; Rifondazione Comunista, invece, loda la «saggia scelta di non farsi strumentalizzare». È vero, Zaki si è speso sui suoi canali social per ringraziare «il governo italiano, il Parlamento italiano, il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri che mi hanno sostenuto durante tutto il periodo di reclusione e durante il processo, solo per essere laureato in un’università italiana, pur non essendo cittadino italiano», ma il confronto con gli avvocati e con la stessa Amnesty circa le modalità di rientro non può non avere una valenza di carattere politico, accolta difatti con giubilo da migliaia di utenti di sinistra su Twitter e non solo. A Palazzo Chigi hanno invece preso la faccenda con estremo aplomb. E ieri sera il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha gettato acqua sul fuoco: «Il volo di linea è una sua scelta. A noi interessava liberarlo, il governo ha lavorato per liberarlo. Poi, dopo, sono sue scelte: come vuole tornare, torna in Italia. Un cittadino egiziano può partire dal suo Paese come vuole, con lo strumento che vuole. Gli era stata offerta la possibilità, ma non è un obbligo. Se lui non vuole, è una sua scelta. Senza problemi».