Come la mettiamo?

Marina Berlusconi-Meloni, indiscrezioni: la telefonata, sinistra stroncata

Pietro De Leo

Sarà per la prossima volta. Mentre l’opposizione non trova il bandolo di un progetto unitario, a certa stampa collaterale non resta che tifare nella disgregazione delle forze di maggioranza. E magari soffiare su qualche differenziazione confidando che ne nasca un incendio talmente forte da far venir giù l’intera casa del centrodestra. Il tema preso a pretesto è il confronto che si è generato dalla lettera, accorata e profonda, che Marina Berlusconi ha pubblicato lunedì sul giornale. L’argomento è l’esercizio postumo di accanimento giudiziario che vede suo papà Silvio, fondatore di Forza Italia, tirato dentro, a un mese dalla morte, nelle indagini sulle bombe di mafia del ‘93.

La tesi è quella più volte emersa negli ultimi 30 anni, per poi spegnersi puntualmente in quanto supportata da nulla, ossia che quegli attentati abbiano costituito un vento alle vele per la nascente Forza Italia. Tesi lunare, appunto. E la primogenita del quattro volte presidente del Consiglio ha denunciato l’opera di damnatio memoriae, sottolineando che i governi Berlusconi furono molto efficaci nella lotta alla mafia (ricordare, per dirne solo una, sotto quale esecutivo fu assicurato alle patrie galere Bernardo Provenzano).

E finiva, quella lettera, con una constatazione e un auspicio: «Un Paese in cui la giustizia non funziona è un Paese che non può funzionare. Non m’illudo che, dopo tanti guasti, una riforma basti a restituirci alla piena civiltà giuridica. Ma penso, e spero, che chi ha davvero il senso dello Stato debba fare qualche passo importante. Non dobbiamo, non possiamo rassegnarci. Abbiamo diritto a una giustizia che, come si legge nelle aule di tribunale, sia ‘uguale per tutti’».

 

RIFORMA NECESSARIA
Argomento che nasce da un duplice slancio: quello di una figlia che ha visto per tre decenni (e vede tutt’ora) la lapidazione giudiziaria di un padre che con le sue imprese ha segnato la società e la politica italiana; e quello di cittadina, senz’altro. Perché la necessità di una riforma della giustizia è assai sentita. Di tutto questo i giornalisti hanno chiesto conto a Giorgia Meloni, che replica: «Marina Berlusconi non è un soggetto politico». Certo frase lapidaria, evidentemente gravata da un eccesso di sintesi.

Perché quanto rivendicato da Marina Berlusconi è il fondamento della storia politica del centrodestra, e rappresenta il senso pieno di certe iniziative giudiziarie dalla sfumatura politica che dalla nascita della Seconda Repubblica hanno visto come bersaglio quasi esclusivo il fondatore di Forza Italia. E anche perché, come confermato sia dal sentimento degli elettori, è impossibile scindere Fi dalla figura di Berlusconi nel senso più ampio, figli compresi e non solo perché sono garanti del debito finanziario del movimento.

POLEMICA FANTASMA
Tuttavia, nella dicotomia lettera-commento non v’è nulla di catastrofico. Ma tanto è bastato per far scattare la ridda di retroscena. Il Fatto Quotidiano dà conto di una Forza Italia in procinto di “far ballare” la premier. Dagospia racconta che Marina avrebbe preso «male, anzi malissimo!» la «rispostaccia» di Giorgia Meloni. Repubblica, ieri, riprendeva Dago addirittura prefigurando dubbi, da parte della figlia maggiore di Berlusconi, di continuare a sostenere Forza Italia. La Stampa pubblicava un pezzo di Lucia Annunziata, titolo eloquente: “Giorgia&Marina, le incompatibili”. Che sia in corso un effetto domino? Nient’affatto, ovviamente. 

Ed è la stessa Marina Berlusconi a sottolinearlo, con una nota diffusa ieri (qualcuno parla anche di una telefonata tra le due) che strappa via il romanzo di presunte ostilità: «Alcuni media hanno voluto vedere dietro questa lettera intenzioni che non ho mai avuto, così come mi hanno incomprensibilmente attribuito reazioni che non ho mai provato di fronte a commenti del presidente Giorgia Meloni, per la quale nutro il massimo rispetto e la massima stima. Così stanno le cose. Tutto il resto sono strumentalizzazioni fuori dalla realtà». Poco più tardi, la stessa premier, a domanda di Affaritaliani.it se il caso sia chiuso, replica: «Non c’è mai stato un caso». Seppellito con una risata. Con grande sofferenza dei soffiatori di discordia.