Se il governo va all'assalto dei balneari
Si scrive «direttiva Bolkenstein» ed è un pesante, ciclico, ipnotico invito dell’Europa a mettere all’asta le nostre spiagge pubbliche; ma ogni volta, per i balneari, viene letta come un dramma shakespariano.
Il governo ha dunque fatto un primo passo (obbligato, date le sentenze definitive delle Cassazione e della Corte di Giustizia Europea, con ineludibile minaccia di procedura d’infrazione e fondi Pnrr) sul sofferto tema «balneari»: è stato approvato, infatti, un decreto per avviare la mappatura delle concessioni. Tutte le spiagge d’Italia saranno dunque censite, anche se, in realtà, già dal 2021, ogni operatore del settore aveva diligentemente fornito i dati richiesti. Ma tant’è, meglio essere precisi in queste cose.
Tecnicamente siamo di fronte a «una delega che il Governo ha ricevuto dalla legge del 5 agosto 2022, quella sulla concorrenza per il 2021, all’articolo 2», fanno notare da Palazzo Chigi. E, in quella stessa legge, si indicava di adottare, entro undici mesi, un «decreto legislativo per la costituzione e il coordinamento di un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza, anche in forma sintetica, dei principali dati e delle informazioni relativi a tutti i rapporti concessori, tenendo conto delle esigenze di difesa e sicurezza». Tradotto: in pratica Meloni segue il solco delle liberalizzazioni e della legge sulla concorrenza di Mario Draghi. Almeno all’apparenza formale. La tanto evocata «mappatura» è stata anticipata all’ordine del giorno del Cdm per far sì che partecipasse anche la premier Giorgia Meloni prima che partisse per Bruxelles; e si condensa in un termine dalla pronuncia complessa quanto la sua messa a terra. Il Siconbep. Ossia una piattaforma sulla quale le amministrazioni pubbliche dovranno comunicare una serie di informazioni sui beni oggetto della concessione. Nell’utilizzarlo, il Mef si avvarrà di Sogei per la messa in opera e per la gestione del sistema informativo: il tutto costerà 2 milioni di euro, mentre per la gestione, manutenzione e sviluppo è autorizzata la spesa di 2 milioni annui a decorrere dal 2024. Bene.
Secondo molti balneari -uno fra tutti Roberto Santini dell’antico Bagno Piero di Forte dei Marmi- la mappatura è un scelta giusta per evitare la follia del rinnovo delle concessioni al buio. «È giusto che il padrone di casa, lo Stato, controlli magari ogni quinquennio, lo stato dell’arte del bene in concessione: quanto è stato investito, quanto rende, quanto fa pagare di tasse» continua il Santini dell’“ala moderata” degli operatori «serve una fotografia accuratissima che deve emergere da una mappatura doviziosa e che consenta di dire al singolo operatore: “tu hai fatto bene, tu benino e devi investire in questo e quest’altro, tu hai fatto male e ti tolgo subito la concessione”. Le aste si facciano, ma con criteri chiari». E, di fatto la linea, molto draghiana, del governo è un po’ queta. Anzi, con precisione, non lo è del tutto. L’idea vera del governo sarebbe quella di muoversi in equilibrio sul filo da un lato delle direttive Ue, dall’altro delle esigenze dei balneari stessi (una parte non cospicua, 30mila famiglie su 7 milioni di voti, del proprio elettorato). In pratica, prendendo tempo, l’esecutivo tende così a rielaborare una proposta degli imprenditori: garantire la concorrenza richiesta dall’Europa assegnando però in concessione nuovi lidi invece di riassegnare quelli già occupati. Scorrendo i dati forniti dal ministero delle Infrastrutture, ci sarebbero infatti centinaia di milioni di metri quadrati da assegnare perché su 460 milioni censiti dal Demanio solo 80 sono occupati da stabilimenti e altre attività.
Restano due elementi di dubbio: se passasse quest’ultima proposta i vecchi prezzari delle concessioni (alcuni imbarazzanti) andranno rimodulati? E se passasse in Italia, siamo sicuri che in Europa, dopo tutto questo casino, capirebbero?