Come stanno le cose

Giorgia Meloni, la menzogna del premier sconfitto in Europa

Pietro Senaldi

In Europa c’è una vasta maggioranza, che prende il nome di Ursula, che vede uniti socialisti, liberali, popolari, grillini e quant’altri. Ormai tutti sanno che l’obiettivo di Giorgia Meloni e del capo dei popolari tedeschi, Manfred Weber, è - dopo il voto del prossimo anno -, sostituire questa coalizione a trazione rosso-verde con un’alleanza tra popolari e conservatori, aperta anche ai liberali e a chi altro può servire per ottenere i numeri necessari. La Lega vorrebbe estenderla alla Le Pen, Forza Italia non ci sta e c’è addirittura chi pensa che sarebbe possibile spaccare i socialisti e portarne un pezzo con il centrodestra. Sono tutte ipotesi finora, i giochi si faranno quando le forze si saranno misurate nelle urne e i numeri saranno chiari.

 

 

Questo possibile cambio di mano sarebbe però talmente epocale che il suo solo paventarsi già oggi agita l’Europarlamento, e in particolare le forze della sinistra, che si troverebbero alla finestra, messe democraticamente in panchina. A Bruxelles la tensione è alta e nei singoli Stati è già cominciata la campagna elettorale. Non si spiega altrimenti la strabica lettura che i media progressisti hanno dato di quanto avvenuto l’altro ieri in aula. La maggioranza proponeva un programma di transizione ecologica che l’olandese Timmermans, leader dei socialisti e di fatto candidato della sinistra alla presidenza della Commissione, aveva già dovuto rivedere al ribasso per farlo passare. Fatto sta che sulla carta il piano poteva contare su oltre 450 voti e sarebbe dovuto passare in carrozza. Invece è stato approvato per un pelo, con 324 sì, 312 no e 12 astenuti.

Non solo, dei 178 europarlamentari di cui il Ppe dispone, solo quindici hanno votato con la maggioranza. I nostri giornali hanno raccontato la consultazione come una sorta di Caporetto dei sogni di gloria di Meloni e Weber, una morte ancora prima di nascere dell’asse popolari-conservatori. La realtà però dice l’opposto: oltre il 90% degli europarlamentari del Ppe ha votato contro la maggioranza di cui fa parte e questo significa che il partito è di fatto pronto al salto già adesso, quando il centrodestra non ha ancora ottenuto il bagno di consensi atteso per il 2024.

 

 

Se si considera che la consultazione ha spaccato anche i liberali, con 28 su 101 che hanno votato contro Ursula e a favore di Giorgia e Manfred, si capisce che la lettura di quanto avvenuta è opposta a quella resa dai progressisti e dai loro organi di stampa: l’approvazione del piano verde è stata una sorta di canto del cigno dell’alleanza tra sinistra e moderati che sgoverna a Bruxelles da decenni. Quei numeri così risicati dicono che il centrodestra è già quasi maggioranza e che si attendono le urne solo per consacrarne l’euro-affermazione.