Ma si può?

Maurizio Landini fuori dal mondo: dice "no" anche alle pensioni più ricche

Michele Zaccardi

Niente da fare: ormai è un vizio. Dopo aver minacciato lo sciopero generale a pochi giorni dal taglio del cuneo fiscale, Maurizio Landini torna sulle barricate. E lo fa proprio quando i pensionati stanno per ricevere gli aumenti previsti dall’ultima manovra. Così, il leader della Cgil prosegue nella sua battaglia pregiudiziale nei confronti del governo, trascinandosi dietro la Uil e agitando (di nuovo) lo spauracchio della mobilitazione.

Ma la giornata di ieri ha evidenziato la spaccatura del fronte sindacale. Al termine del tavolo convocato al ministero del Lavoro sul tema pensioni, infatti, le sigle si sono divise: Uil e Cgil da un lato; Cisl e Ugl dall’altro. La sensazione, alla fine del confronto tra le parti sociali e il ministro del Lavoro, Marina Calderone, è che a Landini importa molto di più prendere le redini dell’opposizione, dettando la linea antigovernativa anche ai partiti.

«Un incontro totalmente inutile. Hanno ridetto le cose di gennaio e sulle risorse per fare una trattativa vera non ci hanno risposto» ha dichiarato il segretario della Cgil. Di diverso avviso il leader Cisl, Luigi Sbarra, che ha espresso apprezzamento per la concertazione avviata da Palazzo Chigi. Secondo il sindacalista, l’incontro, definito «interlocutorio», ha avuto il pregio di «riannodare i fili del confronto»: «è un fatto estremamente positivo aver riallacciato il dialogo con il governo sulla riforma del sistema pensionistico». Anche Confcommercio ha plaudito al confronto andato in scena al ministero del Lavoro.

 

 

 

DISTANZE
Resta il fatto che, però, le distanze tra i due sindacati sono notevoli. Alla Cgil non sono bastate le aperture arrivate ieri, come l’annuncio di un calendario di appuntamenti per dialogare con le parti sociali, né gli aumenti delle minime e un’indicizzazione degli assegni che premia le fasce meno abbienti, misure che scatteranno a luglio.
Al fianco di Landini, anche il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri: «Ci sono solo affermazioni di principio. Chiacchiere e distintivo non ci servono». E dire che Calderone non ha certo respinto le richieste sindacali.

Oltre al cronoprogramma di incontri con le parti sociali sulle pensioni, il ministro ha anche annunciato uno strumento unico (ora ce ne sono tre) per gli esodi incentivati dei lavoratori dalle aziende sulla falsariga del contratto di espansione, della durata massima di 7 anni e con un sostegno pubblico esteso alle piccole e medie imprese. Al tavolo si è discusso poi di alcune misure sulla flessibilità in uscita, dell’allargamento della platea relativa all’Ape sociale, di previdenza complementare e della separazione tra spesa assistenziale e pensionistica. L’obiettivo è quello di delineare un quadro di interventi per settembre, prima della manovra.

La priorità dei sindacati, sulla quale però il governo non ha ancora preso nessun impegno (pure se il tema trova largo sostegno nella maggioranza, soprattutto dalle parti della Lega), è quella di disinnescare il ritorno della Legge Fornero nel 2024, quando finirà quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi). Per questo le parti sociali chiedono alcuni correttivi. Tra le ipotesi ci sono la proroga per tutto l’anno prossimo di quota 103, oppure l’introduzione di Quota 41, in base alla quale si potrebbe andare in pensione, a prescindere dall’età, con 41 annidi contributi, ma con un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno.

 

 

 

NODO RISORSE
Insomma, siamo ancora alle prime battute. Per arrivare a una soluzione serve tempo. Soprattutto per capire quante risorse si potranno ricavare dalle famigerate pieghe di bilancio. Anche perché, a spanne, per soddisfare tutte le richieste dei sindacati (compresa Opzione donna, che ieri non ha trovato spazio al tavolo), ci vorrebbero, stando ai calcoli del Sole 24 Ore, non meno di dieci miliardi di euro. Una cifra che, al momento, appare decisamente fuori portata. Le risorse su cui si potrà contare saranno note soltanto dopo la presentazione della nota di aggiornamento al Def, prevista per fine settembre, che definirà i margini disponibili per la manovra. Solo allora si capirà quanto si potrà spendere per le pensioni.