Segretaria dem

Elly Schlein, sabato da imbucata: Conte, Landini, e Pride, sempre a casa d'altri

Pietro Senaldi

Professione: imbucata alle feste degli altri. Elly Schlein ci ha preso gusto. È diventata segretaria del Pd contro il voto degli iscritti dopo aver fatto la tessera solo una manciata di ore prima delle primarie. «Non ci hanno visti arrivare», commentò sagace all’indomani della vittoria. «Qualcuno ha capito cosa è venuta a fare?», è la domanda che oggi si pone chi se la vede spuntare espressiva e pensosa come una mozzarella al proprio corteo.

Da quel giorno delle primarie, infatti, è stato un continuo. Conte raduna i grillini in piazza e la leader dem si precipita con le sue suffragette a baciargli la mano. Se poi l’evento degenera in un inno alla rivolta civile con invito alle brigate di cittadinanza ad entrare in azione in passamontagna, lei fa l’indiano. Ci sono passata sì, ma di striscio e comunque quando è successo tutto io ero già altrove, forse dormivo. In fondo è vero, perché lei è così leggera che anche quando è al centro della piazza pare di passaggio. Vola da un corteo all’altro.

Ieri si è fatta il sindacato di mattina e il gay pride di pomeriggio. Lotta alla precarietà e spot per l’utero in affitto, dove è a termine stretto perfino la madre naturale. Servirà a questo l’armocromista, a consigliarle come andare in tinta con le varie gradazioni di rosso con le quali sfila. Dal rosa gay al rosso Cgil, passando per il giallorosso grillino e il verde di Bonelli. Stenta a trovare l’abbinamento solo con il bianco-blu di Calenda e con quella tonalità ormai indefinita che nasconde i dem vedovi un po’ di Letta e un po’ di Renzi, pareva impossibile, da Amendola a Guerini, dalla Quartapelle alla Bonafè, per citarne qualcheduno.

 

 

 

LEADER SENZA META

Gira che ti rigira, la segretaria peripatetica non ha ancora individuato una strada netta da indicare alle sue truppe, che ne ascoltano storditi l’eloquio sempre più cantilenante e meno pregnante. Elly è una leader in cerca d’autore. Frequenza le piazze altrui per trarre ispirazione, rubare qualche idea e offrire testimonianza: non penso, quindi ci sono. Non si capisce come le masse popolari che vorrebbe coinvolgere al grido di giustizia sociale e uguaglianza possano scambiare questo prodotto della cultura liberal newyorkese più che americana che ha lo scopo principale di mettere in discussione il modello occidentale per un capo di sinistra.

Non è questione che Schlein fa dei diritti civili il tutto, è che proprio sul resto pare avere un’agenda composta solo di titoli. È quello che gli ha rimproverato ieri il suo presidente, nonché grande sconfitto, Stefano Bonaccini, che ogni giorno le tiene una lezione su come costruire la coalizione. Parole sagge, ma è un po’ come organizzare il pranzo di Natale partendo dal contorno, senza aver scelto la carne e avendone tastata la qualità. Perfino Prodi, suo concittadino bolognese che le vuole un gran bene, talvolta ha l’aria di chi pensa di trovarsi alle prese con una Greta Thumberg meno carismatica. Il solo che la apprezza sinceramente è Pierluigi Bersani, a cui Elly ha regalato una seconda giovinezza, e una terza al suo sodale Roberto Speranza. L’uomo di Bettola l’ha scambiata per il futuro della sinistra, non accorgendosi che invece Schlein è la solita mucca nel corridoio; anzi, in piazza.