L'intervista

Lollobrigida su Elly Schlein: "La temevamo, ma a sinistra c'è il niente"

Antonio Rapisarda

«La grande novità in Europa è che l’Italia è il Paese più stabile. Non lo siamo stati per anni e ciò ha prodotto un’enorme debolezza in ogni fase di trattativa. Oggi il quadro è mutato. In Francia ci sono grandi conflitti politici e sociali. In Germania c’è un evidente squilibrio interno. In Spagna i risultati hanno sconfessato i socialisti e segnato un dato strabiliante per i Popolari e per i nostri alleati di Vox. La nostra, invece, viene vista da tutti come una nazione con un governo solido che ha già dimostrato grande dinamicità su tutti i dossier, sia nel Mediterraneo che nel Nordafrica. Ciò che Giorgia Meloni è riuscita a imporre nello scenario internazionale, insomma, è la centralità dell’Italia. L’esatto opposto di quel fantomatico isolamento che avevano propagandato come elemento di debolezza che avremmo dovuto avere vincendo le elezioni. E invece...».

 

 

 

Fra un anno esatto arriverà l’attesissimo verdetto delle Europee: le più importanti e imprevedibili da quando si vota per l’Europarlamento. Per Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, il “modello Meloni” non è solo la formula con cui il Centrodestra può scardinare l’asse Pse-Ppe, aprendo «un nuovo scenario» come soggetto continentale, ma anche l’assicurazione che si lavorerà per un’Europa più aderente al modello sociale ispirato dai padri fondatori. Lo ha spiegato così a Libero nel corso della kermesse “Prima le idee”.

Ministro, il vento di destra, partito dall’Italia, spira in tutta Europa. Le attenzioni sono tutte indirizzate su Giorgia Meloni. Quanto vi fischiano le orecchie? 
«Non ci facciamo distrarre. Lo scopo è presentarci con un gruppo dei Conservatori che riesca a passare da poche decine di parlamentari noi di Fdi ne abbiamo sette adesso - a quasi cento. Se i popolari reggeranno il risultato delle elezioni scorse, si può aprire uno scenario interessante: capace di mandare in soffitta il corpaccione che oggi li vede insieme ai socialisti. Ossia quel modello di Europa che ha fatto emergere tante criticità».

 

 

 


L’idea è costituire un sano bipolarismo in chiave continentale? 
«Sì. Con maggioranze che su temi specifici possono variare ma con una chiarezza di fondo che sappia indirizzare l’Europa verso quei riferimenti che auspichiamo. Penso alla capacità di avere una sostenibilità ambientale coniugata, però, con una sostenibilità produttiva che non faccia suicidare l’Europa in termini di produzioni agricole, industriali e che metta in condizione di far crescere la nostra ricchezza interna. Un’Europa, insomma, che riprende le linee guida dei Trattati di Roma del ’57, consapevole del proprio modello di sviluppo e capace di mettere in comune le economie di diversi Stati. Su questo non siamo disposti ad accettare lezioni da chi ha tra i suoi padri spirituali quel Pci che votò “no” - a differenza del pentapartito, dei monarchici e del Msi-, contro l’idea istitutiva di Europa».
Il destra-centro è invocato da più soggetti, a partire dai vertici del Ppe, per portare un po’ di realismo nella tecnostruttura di Bruxelles. A che punto è questa intesa fra Conservatori e Popolari? 
«Si parte da alcune certezze di cui noi parlavamo già quattro anni fa: sovranità alimentare e sovranità energetica. Dicevamo, a proposito, che l’Europa si occupava di dettagli e non delle grandi criticità che la globalizzazione poneva a tutti. Questa contestazione è diventata patrimonio comune. Come quella che non possiamo risolvere da soli i problemi dell’umanità. Possiamo dare degli indirizzi ma diminuire le produzioni interne, diminuire la ricerca, oppure l’utilizzo delle nostre preziose riserve di idrocarburi non risolverà il problema dell’inquinamento: mentre, di certo, sta mettendo in grande crisi la nostra sovranità, rendendo gli Stati e i cittadini meno liberi. L’interlocuzione su tutto questo è apertissima: perché non sfugge che se Ursula von der Leyen viaggia con la Meloni significa che è caduta ogni barriera e ogni pregiudizio».

 

 

 


Molto monitorata è l’attività dei liberali di Renew Europe. Potrebbero rientrare nella partita? 
«Potrebbero essere l’ago della bilancia. Potrebbero allearsi, sui diritti civili, a sinistra; o invece, per ciò che riguarda i temi della produzione, con il Centrodestra. La soluzione per evitare sorprese è semplice: un partito Conservatore fortissimo. Non solo in Italia. Ossia replicare il modello italiano - applaudito in tutte le piazze “nazionali” in giro per l’Europa - con Giorgia Meloni divenuta ormai riferimento internazionale. Non so da quanto tempo non si immaginava nemmeno una fase storica così rilevante per la nostra patria».
L’alluvione in Romagna ha messo al centro un tema che lei rilancia spesso: conservare la natura. Il punto, a differenza degli ambientalisti alla Timmermans, è come farlo. 
«L’alluvione è figlia del maltempo e lì non ci si può far niente. Il motivo perché in alcune zone ci sono stati più danni e in altre meno, però, è perché in alcune zone c’è stata una strategia, ci sono stati modelli che permettevano il drenaggio naturale dell’acqua. In altre invece c’era l’ostruzione dei canali e le casse di espansione o non c’erano o non erano state realizzate in maniera idonea. Ecco perché per noi bisogna rimettere l’agricoltore al centro del territorio. Lo abbiamo fatto già nella legge di Stabilità e nel “Decreto siccità” con interventi specifici. Ad esempio su una cosa che era vietata: raccogliere la legna nei fiumi e nei fossi. Abbiamo dato la possibilità di farlo ai nostri agricoltori per manutenere i nostri fiumi. L’agricoltore deve tornare ad essere il centro anche dell’attenzione della politica, superando quella propaganda squallida che ogni tanto emerge».
Si riferisce alla polemica sui percettori del reddito di cittadinanza? 
«Quando consigliavo ai percettori di prendere in considerazione l’idea di andare a lavorare nei campi, non lo dicevo in termini negativi. Li esortavo guardando le eccellenze che trovo nelle nostre aziende agricole, che possono far crescere la redditività della produzione ma anche di coloro che assumono questo ruolo. I nostri studenti degli istituti agrari oggi hanno l’85% di probabilità di assunzione e se frequentano l’università il 300%, con redditi alti. Basta dunque con l’idea che fare l’agricoltore sia una cosa penalizzante. Non è più zappa e sudore: l’agricoltura è eccellenza, benessere, modernità». 
Capitolo Pnrr. Sia dentro i confini che fuori c’è chi “gufa” apertamente sui presunti ritardi sull’attuazione del Piano come leva da usare contro il governo.
«Il modo per rendere il Pnrr un’occasione è spendere bene tutto: perché di quei soldi il fondo perduto è un terzo, gli altri due terzi sono debiti. Ecco perché alcune modifiche vanno fatte. Lo dico da ministro che ha mantenuto tutte le milestones. Esistono criticità amministrative e ne esistono altre legate ad alcuni progetti. Noi, invece, dobbiamo fare il possibile per rimodulare il Piano nell’interesse specifico della nazione e Raffaele Fitto su questo sta facendo un lavoro eccezionale. Per ciò che riguarda i gufi, li lasciamo sul trespolo. La sinistra sembra fare solo questo “esercizio” e tante polemiche. Del resto, è talmente debole in termini di proposta politica prima che di risultati elettorali da risultare, così ridotta, un problema per una sana democrazia dell’alternanza».
A proposito di sinistra. Cento giorni di Elly Schlein hanno rappresentato “un problema per voi” – come assicurava – o peri suoi?
«Ero sinceramente convinto che la sua elezione potesse rappresentare un problema per noi, per la ritrovata unità a sinistra su alcuni temi e per la ricerca di un’anima perduta. Non hanno trovato né la prima né la seconda: questa è la verità. Sono ancora psicologicamente devastati dal fatto che sia stata una donna di destra a rompere il soffitto di cristallo. Speravano con la Schlein di dimostrare di essere capaci anche loro di mettere una donna e una “novità” per contrastare Giorgia Meloni. L’effetto, però, a me sembra che deluda molto proprio quelli di sinistra. Potrei dire che ne beneficiamo in termini elettorali, come si è visto nelle ultime Amministrative. Purtroppo però non credo che l’assenza dell’alternativa sia benefica in un sistema democratico. È necessario che prima o poi a sinistra nasca qualcosa di credibile perché un sistema funziona bene se sai sempre che dall’altra parte c’è qualcuno che ti può sostituire se non lavori bene. E in questo momento credo che per gli italiani sia evidente che da quella parte non c’è niente».