E intanto Bersani...

Effetto-Schlein: quanti telespettatori fa perdere in 3 minuti

Un plebiscito "emiliano" per Pier Luigi Bersani. Così, almeno, hanno deciso i telespettatori che martedì sera si sono divisi tra DiMartedì, a La7, dov'era ospite l'ex segretario del Pd, e CartaBianca, su Rai 3, che ha puntato tutto sull'intervista a Elly Schlein, attuale inquilina del Nazareno. Il verdetto dell'auditel, rilanciato da Marco Castoro, è impietoso: il segmento del talk di Giovanni Floris con Bersani in studio ha registrato una media del 9% di share (con picco di puntata alle 22, 1,7 milioni), più o meno in contemporanea il faccia a faccia tra Bianca Berlinguer e la Schlein si è fermato al 5,2 per cento. Spulciando i dati, perfino l'imitazione della Schlein messa in scena dai comici Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu ha fatto meglio della vera Elly, con il 6 per cento. Altro dato significativo: sempre alle 22 la Berlinguer realizza il suo picco all'8,8 per cento, quando in onda c'è ancora Mauro Corona con la sua copertina. Dopo lo scrittore-montanaro arriva la Schlein e gli ascolti si abbassano drasticamente, perdendo 3 punti di stare in soli 3 minuti di trasmissione, equivalenti a 650mila telespettatori. Al di là dei sondaggi, ecco il vero "effetto Schlein" (al contrario).

Il dato è ancora più significativo perché nel totale Cartabianca ha raggiunto il 6 per cento, più che buono, perdendo di poco la sfida con Floris (7%). Segno che la difficoltà è tutta legata alla presenza della ex vicepresidente dell'Emilia Romagna. L'intervista, di per sé, è stata peraltro piuttosto moscia e non certo per colpa della Berlinguer. La segretaria dem, in evidente difficoltà dopo il flop ai ballottaggi e l'alluvione nella "sua" Emilia Romagna, si è difesa dalle accuse di voler guidare il partito da sola, in un "bunker": "Ascolto le critiche, non prendo mai una decisione senza averne ascoltate almeno altre dieci. Non ho paura di provare a circondarmi delle persone più competenti. Mi confronto spesso con tutti e continuerò ad ascoltare".

 

 

Quindi scarica gran parte delle colpe su Matteo Renzi, che ha guidato il Pd fino al 2018, un passato ormai remoto. "Dice che io non vincerei nemmeno le elezioni condominiali? Intanto devo ricostruire il condominio dopo che è passato lui!". A Maurizio Martina, Nicola Zingaretti ed Enrico Letta, i tre segretari intercorsi tra Matteo ed Elly, saranno fischiate le orecchie. Quindi la carta dei diritti, forse l'unica rimasta in mano alla leaderina: "Le regioni che non sostengono il Pride? È gravissimo, noi ci saremo. Nel caso del Lazio c’è stato bullismo istituzionale, sono gli stessi che hanno affossato tra gli applausi la legge Zan contro l’odio, che era il minimo sindacale, una legge di civiltà". Tutto molto bello, ma forse interessa a una minoranza della minoranza.