Gatta in tagenziale?
Elly Schlein, gli sfottò nelle chat Pd: un colpo durissimo alla segretaria
Doveva andare a Bruxelles, incontrare gli europarlamentari e, il giorno dopo, la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola. Invece, di prima mattina, Elly Schlein decide di annullare il viaggio. La doccia fredda dei ballottaggi ha aperto il vaso di Pandora. Non siamo ancora al processo al leader di turno, troppo presto, ma le critiche cominciano a emergere. Già ieri, nella segreteria durata due ore, si erano palesate due linee. La prima, quella dei fedelissimi della leader, che puntava a minimizzare, accusando il «vento di destra» e la poca generosità dei virtuali alleati (Conte, Calenda), concentrati più a erodere al Pd, che a creare un’alternativa a quella del centrodestra.
La seconda, invece, faceva osservare che il problema non è solo quello. «Serve», ha spiegato Alessandro Alfieri, «un Pd plurale, che non si scopra né da una parte dell’altra, che torni a fare il Pd». Insomma, quello che manca è il Pd a vocazione maggioritaria, che parli a tutti, anche ai moderati.
Il problema di fondo, ci si sfoga nelle chat dei riformisti, è che «Schlein è stata eletta da un elettorato che non rappresenta il Pd». E adesso i nodi vengono al pettine. Alcuni più grossi di altri, come ad esempio l’appello on line contro contro la maternità surrogata siglato da diversi esponenti esponenti del partito (di diverse aree). «La sconfitta di Ancona dopo 30 anni», spiega Alessia Morani a Libero, «è la batosta più pesante. È un problema grosso, deve indurre a una riflessione». L'ex deputata ne propone una: «In politica esistono delle regole: la prima è che devi avere un partito unito, saldo, forte, la seconda è che attorno al tuo partito devi avere una alleanza con le stesse caratteristiche. Se ti mancano tutte e due le cose, l’esito è scontato. Onestamente, non si possono addossare tutte le colpe a Elly Schlein Ma bisogna cambiare rotta».
Analisi che fa anche Beppe Sala, sindaco di Milano: «Il Pd nei maggiori Comuni supera il 20%. Ma non può badare soltanto al suo risultato. Perché poi perde, e perde perché non c’è la coalizione». Lo dice anche l’unico vincitore, per il Pd, dei ballottaggi, Giacomo Possamai, neo-sindaco di Vicenza: «Di là è molto chiara qual è la coalizione, lo schema e anche qual è il leader, la presidente del Consiglio. Nel campo ipotetico dell’alternativa è molto difficile capire qual è l’alternativa».
REBUS ALLEATI
I mancati alleati, però, rispondono picche. «Sono convinto che la Meloni non si batte con i campi larghi», scandisce Giuseppe Conte, con una determinazione che non lascia spiragli, in una conferenza stampa. Non solo: lancia un piano di «innervamento nel territorio» che punta a creare un radicamento del M5S a ogni livello. Fino alle elezioni europee, dove ciascuno corre da solo e i due partiti insistono sullo stesso elettorato, è obbligatorio mantenere le distanze. E nessuna apertura arriva nemmeno da Carlo Calenda, il quale ha ribadito come il M5S sia incompatibile con una proposta di governo: o noi, insomma, o loro.
Davide Baruffi, responsabile Enti locali della nuova segreteria, prova a scaricare un po’ di colpa anche sugli altri: «Si discute solo del Pd, gli altri sono totalmente scomparsi». Francesco Boccia fa notare che «la Schlein si è insediata il 12 marzo, tutte le alleanze erano chiuse così come le liste. Le alleanze sono state fatte dal gruppo dirigente precedente».
Parole che provocano reazioni durissime nelle chat interne e, poi, la risposta tagliente della portavoce di Enrico Letta: «Lo scaricabarile, vi prego, no. Enrico Letta le amministrative le ha stravinte e per 2 annidi seguito: 5-0 nel 2021 e vittoria «a valanga (cit. Rep) a giugno 2022. Poco dopo ha perso (male) le politiche. Ma non ha cercato alibi e non ha mai sparato contro nessuno del Pd».
«TROPPI NO»
Quello che, fin qui, si confinava alle chat interne, ora esce allo scoperto: «Il Pd», è il tweet durissimo di Elisabetta Gualmini, eurodeputata dem, «dice no a tutto. No al taglio del cuneo fiscale, no al premierato (che avevamo lanciato noi), no a tutto. Aggiungendo che al governo abbiamo i fascisti. E le nostre proposte non si capisce quali siano. Come si fa a convincere gli elettori?». Uno psicodramma, poi, si consuma in Toscana, con il deputato e segretario regionale, Emilano Fossi, messo sotto accusa per i pessimi risultati di queste elezioni. Intanto si dimette il segretario comunale di Siena, Massimo Roncucci: «Pur essendoci responsabilità diffuse, presenterò le mie dimissioni per favorire il processo di rinnovamento del Pd».
Non risparmia critiche Eugenio Giani, governatore della Toscana: «Io avrei voluto e vorrei un Pd più umile che si presta a larghe coalizioni, a rispettare l’altro, che sia più moderato e più a sinistra, in modo da presentarsi con un fronte più unitario. Questo ancora talvolta non avviene». Schlein medita come uscirne. Si parla di un rimpasto della segreteria, o dell’idea di rilanciare una costituente (lo ha proposto Matteo Ricci). «Datemi tempo e comunque è ingiusto che mi stiano tutti addosso», si sarebbe sfogata con i suoi, mentre cerca una via d’uscita.