la beffa
Sindaci fermati dall'abuso d'ufficio. E la paura della firma blocca i cantieri
Perché i sindaci italiani promettono opere sul territorio e poi non fanno nulla? Ad esempio, perché quelli che ci provano finiscono male. In tribunale, sospesi dalle funzioni, infamati in piazza e sui giornali, dissanguati dalle spese legali. E poi, magari, anni dopo, assolti: quanto basta per recuperare l’onore, non il resto. È uno degli insegnamenti contenuti nel campionario degli orrori del reato d’abuso d’ufficio diffuso ieri da Enrico Costa, uno dei pochi garantisti in parlamento. Spulciando le cronache delle testate locali il vicesegretario di Azione ne ha trovati 150 e lì ha voluto fermarsi, sennò chissà quando finiva. Centocinquanta sindaci di Comuni grandi e soprattutto piccoli, che sono stati sottoposti ad indagini, avvisi di garanzia, perquisizioni, rinvii a giudizio, processi. Finché hanno visto le accuse contro di loro archiviate o sono stati assolti. Dei 6.500 procedimenti per questo reato avviati nel 2017 solo 57 si sono conclusi con condanne definitive: meno di uno su cento.
CRONACHE DAL TRITACARNE
C’è Andrea Venosini, sindaco di Celenza sul Trigno, per il quale il pm aveva chiesto quattro mesi di reclusione e il risarcimento dei danni, ritenendolo colpevole di aver affidato il servizio di sgombro neve con criteri poco trasparenti: assolto dopo cinque anni «perché il fatto non sussiste». È andata peggio ad Andrea Bovero, suo collega di Celle Enomondo, che aveva corretto un errore materiale del piano regolatore nella parte che riguardava i fabbricati di sei cittadini. Secondo la procura avrebbe dovuto fare una vera e propria variante, con procedura più complessa: condannato a otto mesi e mezzo in primo grado, è stato assolto con formula piena in appello. La colpa di Andrea Cassani, sindaco di Gallarate, era quella di avere ordinato lo sgombro di un campo sinti: è stato fortunato, gli sono bastati due anni e mezzo per ottenere l’archiviazione.
Storie come quella di Marco Zambuto: da sindaco di Agrigento fu indagato per aver fatto promozione alla Fondazione Pirandello, il braccio del Comune che gestisce il teatro nella Valle dei templi, e quindi condannato in primo grado a due mesi e mezzo, cui si sarebbe aggiunta una sospensione dalla carica per diciotto mesi (pena accessoria prevista dalla legge Severino, altra mostruosità giuridica). Per non paralizzare l’amministrazione si dimise prima di essere sospeso; assolto finalmente in appello, non ha potuto ricandidarsi perché glielo ha impedito una legge regionale.
Ma il problema, appunto, riguarda l’intera collettività, non solo loro. Una volta che i sindaci capiscono quali rischi corrono occupandosi di piani regolatori, ordinanze di raccolta dei rifiuti, assegnazione delle case popolari, ampliamenti dei padiglioni delle fiere e così via (ce n’è per tutti i gusti, nel dossier di Costa), la reazione più comprensibile che possono avere è quella di non fare nulla. Paralizzati dalla «paura della firma». Un sindaco che non mette firme è inutile, ruba lo stipendio, eppure non corre rischi. Colpa dei magistrati, ma anche della classe politica: per l’opposizione, di destra odi sinistra, è facile presentare un esposto confidando che un pm, magari amico, spedisca un avviso di garanzia al sindaco, e quindi reclamare le dimissioni dello sventurato. Quelli di Azione si appellano a Carlo Nordio affinché accolga la loro proposta di togliere l’abuso di ufficio dal codice penale e trasformarlo in una fattispecie da punire con una multa. Si attende quindi un segnale dal ministro della Giustizia, che il problema lo conosce bene: nel 2017 guidò una commissione tecnica incaricata di studiarlo, la quale giunse alla conclusione che il reato andava abolito.
MAGGIORANZA DIVISA
I partiti della maggioranza concordano che occorre cambiare, ma divergono sulla soluzione, e una riunione che si è svolta ieri al ministero della Giustizia non ha sciolto il nodo. Per Forza Italia il reato di abuso d’ufficio va abrogato, ma il leader della Lega, Matteo Salvini, parla di «revisione» del reato e promette che questa «arriverà entro maggio in consiglio dei ministri». Favorevole ad una modifica anche Fdi. Per i Cinque Stelle, ovviamente, tutto deve restare così, mentre il Pd di Elly Schlein deve ancora decidere cosa fare da grande. Intanto l’Anci ha chiesto al parlamento di delimitare la responsabilità del sindaco, affinché non possa essere accusato per ogni firma che mette, e di abrogare la parte della legge Severino che obbliga il sindaco alla sospensione in caso di condanna in primo grado: una pena che per le altre figure istituzionali, locali e nazionali, non esiste.