Gogna mediatica rispolverata

Meloni, riecco il metodo anti-Berlusconi: come vogliono affossarla

Fabrizio Cicchitto

Caro direttore, premetto, a scanso di equivoci che rispetto al governo non sono schierato sulla stessa linea del suo giornale. Del governo condivido pienamente la posizione assunta da Giorgia Meloni e da Antonio Tajani sull’Ucraina. Per il resto invece non sono d’accordo su molte cose a partire dall’autonomia regionale e alla versione forte del presidenzialismo. Ciò premesso, però, ho letto con attenzione gli articoli pubblicati su Repubblica e sul Domani che danno conto delle rispettive inchieste, durate mesi ad opera di due agguerriti pool di giornalisti detective che hanno studiato al microscopio tutti coloro, donne e uomini, che hanno avuto rapporti familiari diretti e indiretti con Giorgia Meloni. Una attenzione particolare, quasi morbosa, è stata dedicata dai due pool alla madre di Giorgia, studiata da tutti i punti di vista, economici, sociali, comportamentali, con particolare riferimento agli uomini con i quali ha avuto relazioni sentimentali dopo la rottura con il padre della Meloni. Quest’ultimo, però, viene inaspettatamente riabilitato come antifascista e anche come generoso militante di quella che potremmo chiamare la “sinistra all’hascish” che, come lei ben sa, è stata una delle varianti della sinistra sessantottina.

QUALI REPORTAGE?
Dal guazzabuglio di visure notarili largamente citate non emerge nulla di penalmente rilevante che possa essere direttamente o indirettamente ricondotto alla Meloni. L’effetto complessivo delle due inchieste, però è francamente desolante e anche imbarazzante per chi, una volta che ha avuto in mano il materiale assiemato dai due gruppi di detective non lo ha chiuso nel cassetto almeno in attesa di notizie più incisive ed efficaci. Allora viene spontaneo domandarsi: è questo il giornalismo d’inchiesta collegato alla lotta politica? Stefano Cappellini, un giornalista di Repubblica che noi stimiamo molto, cerca di nobilitare il tutto ma sta volta fa proprio cilecca. Non si può fare a meno di rilevare che, se questi sono “i pezzi forti” del giornalismo d’assalto, esso è combinato assai male. Però può darsi che ci sia una spiegazione obiettiva a tutto ciò.

 

Come lei ben sa, caro direttore, l’attuale sinistra targata Pd deriva dalla sinistra post comunista di stampo giustizialista che nel ’92-’94 è stata tenuta a battesimo dal pool dei pm di Milano che per un verso l’ha salvata chiudendo gli occhi di fronte al fatto che anch’essa (Pci e Pds) aveva fatto organicamente parte del sistema di Tangentopoli e per altro verso l’ha proiettata verso il successo politico eliminando i suoi avversari più pericolosi (in primo luogo Bettino Craxi). Allora è possibile che questa sinistra, politica e giornalistica, vedendo che non prende molte palle nella normale battaglia politica contro il governo, ha deciso di recuperare dal suo repertorio quello che possiamo chiamare “il metodo anti Berlusconi”. Come lei ricorderà, caro direttore, già nel corso della campagna elettorale del 2008 ma ancor di più dopo quella netta sconfitta in primo luogo Repubblica, poi Santoro, poi il pool dei pm di Milano e larga parte del Pd contro Berlusconi cavalcarono solo e soltanto Ruby, le Olgettine, la Minetti e compagnia cantando, in un crescendo durato almeno fino al 2013. Allora per la Meloni, ovviamente in assenza di Olgettine, ma anche di gigolò e di toy boys, allora il fuoco viene concentrato su sua madre, sugli uomini con cui lei ha avuto rapporti, sulle sorelle di primo letto.

VAI COL TORMENTONE
Quindi può anche darsi che, come nel caso di Berlusconi, siamo all’inizio di un tormentone destinato ad accompagnarci a lungo. A voler dare al tutto una spiegazione di tipo politico-culturale che anche noi riconosciamo essere un po’ tirata per i capelli, possiamo dire che, siccome dopo il crollo del comunismo l’attuale sinistra non si è misurata con nessuna revisione politico-culturale di un certo spessore, allora essa è passata direttamente dalle stelle alle stalle, cioè da Gramsci è approdata a Di Pietro e alla sua ben nota metodologia, anzi nel nostro caso ai nipotini spuri di Di Pietro. Per concludere, crediamo che gli italiani sono preoccupati di molte cose, dall’inflazione al caro affitti, alla sicurezza delle grandi città, alla sanità, ma molto poco al signor Matano (dal titolo di Repubblica: «Meloni e Matano il socio di famiglia con un passato tutto da chiarire»).