Fine dei giochi

Meloni, schiaffo dagli Usa al Pd: "Ma quale fascista. Il problema? L'immigrazione"

Fausto Carioti

C’è curiosità su cosa farà Giorgia Meloni oggi, dopo la cerimonia all’Altare della Patria con Sergio Mattarella, mentre è facile immaginare le strumentalizzazioni che una parte della sinistra metterà in piazza. Nell’attesa, occorre registrare che una certa isteria politica (tipo quella che ha portato la compagna Luciana Castellina, presidente onoraria dell’Arci, a dire sulla Stampa di ieri che il governo Meloni è «apertamente fascista») è solo italiana. Dall’altra parte dell’Atlantico, nel Paese che pagò il prezzo più alto perla liberazione della Penisola (circa 70mila morti negli eserciti alleati, più dei 44.700 caduti della resistenza stimati dall’Anpi tra partigiani e soldati), l’analisi sull’Italia e il suo capo del governo è tutta diversa.

 

 

 

Nessuno, nemmeno sulle testate statunitensi di tendenza liberal, parla di fascismo risorgente a Roma. I problemi su cui si concentrano sono altri: ad esempio l’arrivo in massa degli immigrati e lo scarto tra il numero degli sbarchi e ciò che gli elettori si aspettano dal governo Meloni. L’ultimo esempio viene dalla Cnn, che proprio per il suo orientamento è una delle testate più criticate dagli elettori conservatori americani. Ciò nonostante, il ritratto del presidente del consiglio italiano che ha appena pubblicato è lontano anni luce da quello dei media progressisti nostrani. In un’analisi firmata dalla corrispondente da Roma e pubblicata sul sito Cnn.com, di Meloni e del suo operato si leggono cose diversissime da quelle che appaiono agli occhi di chi sfoglia Repubblica o La Stampa, o assiste a un qualunque talk show in onda su La7. Ad esempio, l’onesta presa d’atto che «i suoi primi cento giorni in carica sono stati considerati un successo». La prima donna a capo di un esecutivo italiano, spiega la Cnn, «non è stata affatto così di estrema destra come alcuni temevano, e da politica di carriera e multilingue è stata a suo agio con i leader mondiali». Tra i meriti, quello di essere «riuscita persino a mettere d’accordo i suoi astuti partner di coalizione, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, nonostante le differenze sulla guerra in Ucraina».

 

 

 

LA SFIDA DEI BARCONI

La Cnn apprezza pure la capacità con cui la Meloni ha superato diverse tempeste, «tra cui l’ammissione di Berlusconi di aver riacceso la sua amicizia con Vladimir Putin dopo che Putin gli aveva inviato della vodka russa per il compleanno». Tant’è che alla fine di gennaio sembrava «unstoppable», inarrestabile. A cambiare le cose non è stata l’involuzione autoritaria e tanto meno fascista del governo, ma semmai l’opposto: gli arrivi dei barconi carichi di immigrati, che hanno reso evidente lo scarto tra ciò che era stato promesso e i pochi strumenti efficaci a disposizione dell’esecutivo. Al 21 aprile, infatti, «sono arrivate in barca oltre 35mila persone, un numero più di tre volte superiore rispetto all’anno precedente». Qui l’autrice dell’articolo prende l’unica cantonata: scrive che «un recente sondaggio ha mostrato che il sostegno al partito Fratelli d’Italia di Meloni, che ha vinto le elezioni con il 34% dei voti, è sceso a poco più del 29% nei sondaggi». In realtà Fdi uscì dalle urne del 25 settembre con il 26%: quel sondaggio, dunque, non fotografa una discesa rispetto al risultato elettorale, ma un guadagno di tre punti. La testata statunitense riporta quindi il parere del professor Giovanni Orsina, direttore della School of Government della Luiss, secondo il quale quella dell’immigrazione è per la Meloni «la sfida ora più importante per il suo governo», che la presidente del consiglio sta affrontando mettendo pressione all’Unione europea e prendendola molto seriamente a livello interno, al punto da dichiarare lo stato di emergenza.

Al momento, spiega il docente, per la maggior parte degli italiani la crisi dell’immigrazione è ancora qualcosa di cui sentono parlare, che non li colpisce direttamente: «Il punto di svolta arriva quando i migranti smettono di essere notizia di prima pagina e iniziano a diventare le persone di fronte alle loro case, li si trova per strada e nelle piazze dei piccoli paesi italiani, allora diventa una questione esistenziale». La lunga analisi sulla premier si conclude con l’affermazione che il popolo italiano «ha parlato, e ha mostrato di volerla e di apprezzare ciò che rappresenta. Ora, la domanda nella testa di tutti è se sarà in grado di mantenere le promesse fatte agli elettori». Un disegno realistico della situazione, insomma. Fatto senza partigianerie. Pochi giorni fa era stato il Washington Post, quotidiano “mainstream”, anch’esso pendente dal lato progressista, a scrivere che «Giorgia Meloni ha dimostrato che i suoi critici si sbagliavano» e che, «se riuscirà a cavalcare le difficili onde della politica italiana e a gestire un’economia stagnante da circa 20 anni, il suo successo potrebbe diventare un modello per altri politici di destra in tutta Europa». A conferma che il problema non è tra il governo e la stampa di sinistra in generale, ma tra il governo e la stampa di sinistra italiana, che qualche domanda dovrebbe porsela.