Nel mirino
Gianfranco Fini, Storace ad alzo zero: tutti i suoi errori
Ci fu un segno di continuità tra il Msi ed Alleanza Nazionale, vorrei dire a quello che resta il mio amico Gianfranco Fini e che non si può cancellare: l’insopprimibile voglia di pacificazione tra gli italiani. Senza altre diavolerie lessicali. Perché non ci può essere questa ossessiva, lacerante divisione ogni 25 aprile, o meglio in “alcuni” 25 aprile come spiegheremo più avanti. Ci furono molti tentativi, da destra, di seminare pace, anche se con esiti sfortunati.
Da giovane ricordo la Costituente di destra per la libertà. Attorno a noi volteggiavano il comandante partigiano Giacchero, parlamentari come Agostino Greggi. Quell’epoca, che pure Almirante volle fortemente, finì con Democrazia nazionale, che nessuno ricorda più, se non con la memoria del tradimento. Un esempio più comprensibile: a quel tempo, chiunque parlasse di piazzale Loreto, considerava una barbarie l’esposizione di quei corpi a testa in giù. Oggi, sui social, ma anche sulle mura delle città – è capitato recentemente anche a Bologna, con Giorgia Meloni – quell’immagine di orrore è sempre più rivendicata e diffusa. Cambiano le teste. C’era una parola che era molto odiata dalle nostre parti: nazifascismo. Era violenta, brutale, cattiva, la separavamo dal fascismo e per questo c’erano infinite discussioni - e condanne, quelle sì - delle leggi razziali e dell’alleanza con Hitler. Non si sopportava quella macchia, che pure era indelebile. Per dire: anche il Duce non fece cose buone.
I TEMPI SONO MATURI
La destra italiana resisteva. Poi arrivò Alleanza nazionale. Fu un vento impresso da Fini e Pinuccio Tatarella, che mi affidarono l’articolo che sul Secolo d’Italia diede il via all’operazione politica. Pochi mesi prima, c’era stata l’intuizione culturale di Mimmo Fisichella, sul Tempo. I tempi erano maturi. Occorreva superare il pregiudizio contro di noi. Vigeva il giustificazionismo rosso persino sul triangolo della morte: non se ne poteva parlare, poi arrivò Giampaolo Pansa. Anche l’Italia di destra doveva avere il diritto di governare la Nazione. Quando a Palazzo Chigi c’è la sinistra, il 25 aprile è una festa. Quando c’è la destra diventa una specie di guerra. Per questo commette un errore, Fini, quando suggerisce a Giorgia Meloni di affermare che «la destra fece i conti con il fascismo a Fiuggi». Ma quando mai...
Fiuggi non toccò la fiamma tricolore. Alleanza Nazionale aveva tra le sue schiere in Parlamento Alessandra Mussolini: scrivere la preferenza per lei aveva un carattere evocativo anche nel nuovo partito. Esattamente come accadde persino quando alle europee la nipote del Duce si presentò con Forza Italia: un botto di voti. Ancora: quella frase pronunciata a Gerusalemme «Il fascismo male assoluto» fu accolta con mal di pancia enormi e lettere di aggiustamento di quell’espressione (Ignazio La Russa lo ricorderà).
Mirko Tremaglia, che in Repubblica Sociale militò, diventò ministro per volontà di Fini, dopo Fiuggi e con Ciampi capo dello Stato e Berlusconi presidente del Consiglio. 25 Tutto questo non per negare la svolta di Fini, che voleva una destra democratica. Ma quell’antifascismo di cui fa sfoggio come monito alla Meloni si tradusse in un momento, sicuramente importante, ma non molto di più, identificato come “essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”. Dov’è la professione di fede, in quel congresso di Fiuggi, che oggi si chiede a Fdi? Persino Wikipedia, quanto ad An, non va oltre – nella definizione del partito – “le posizioni della destra classica occidentale di stampo conservatore”. Punto. E non altro. Questa storia di diventare antifascisti senza fascismo non ha molto senso. Eppure sembra un dovere cadere nella trappola.
PACIFICAZIONE
Pacificazione? Sì, lo dicemmo allora e vale ancora oggi. Ma ora come ieri il 25 aprile sembra ancora una prerogativa della sinistra, persino di quella che osteggia persino il 10 febbraio, il simbolo del martirio del nostro popolo nelle foibe. Nella mozione del centrodestra approvata nei giorni scorsi dalla maggioranza dei senatori – la sinistra si è sottratta – c’erano tutte le date ideali per celebrare, magari con una legge ad hoc, il percorso della Repubblica di tutti gli italiani. E invece no. La sinistra non vuole. E non si capisce perché bisognerebbe acquattarsi su una specie di slogan, pacificazione sì e parificazione no, perché significa oltraggiare anche i morti, che francamente non lo meritano dai vivi....
Ps: dieci anni fa tornò al creatore Teodoro Buontempo, candidato più volte dallo stesso Gianfranco Fini. Antifascista pure lui?