Battaglia culturale
Offensiva woke: guai a chi tutela i piccoli dalle follie Lgbtq
L’offensiva della cultura woke non conosce più limiti anche in Italia. L’ideologia woke, dall’inglese to wake (risvegliarsi), vuole combattere ogni presunta forma di discriminazione etnica, sessuale e religiosa. Molteplici gli episodi. Clamoroso quello di Nuoro dove una maestra elementare, Marisa Francescangeli, è stata sospesa dall’insegnamento per aver recitato un Ave Maria insieme agli alunni della classe dove aveva svolto un’ora di supplenza. Il fatto risale alla Vigilia di Natale ma pochi giorni fa (a tre mesi dall’evento) il colpo di scena. La maestra è stata raggiunta da una raccomandata dell’Ufficio Scolastico provinciale che le comunicava 20 giorni di sospensione dall’insegnamento con decurtazione dello stipendio. Provvedimento ritenuto da tutti sproporzionato: colleghi, famiglie degli alunni, sindacati. Il paradosso è che la scuola è bersaglio delle peggiori provocazioni “woke” senza alcuna conseguenza. Si pensi a chi propina ai bambini l’ideologia gender spiegando che il loro sesso è “fluido” e possono scegliere se essere maschi o femmine o anche altro a seconda di come si sentono.
Nel mentre il numero delle scuole italiane che riconosce la Carriera Alias (che consente agli studenti di essere denominati negli atti interni con un nome corrispondente al genere sessuale al quale si sentono di appartenere) ha superato quota 200. Parallelamente il ministro della Famiglia è diventato il bersaglio di una campagna di odio sui social. Eugenia Roccella è stata raffigurata, in una foto elaborata al computer, seminuda e incinta. Intanto la cultura “woke” pretende la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali, senza mai condannare la pratica criminale dell’utero in affitto. Adesso le sinistre italiana ed europea, insieme alle lobby LGBTQ+, si sono mobilitate contro la legge ungherese che vieta l’indottrinamento gender dei minori sia attraverso i media che nelle scuole. Un problema drammatico perché in tutto il mondo aumenta il numero dei bimbi e degli adolescenti in crisi di identità sessuale a causa del continuo bombardamento gender e arcobaleno.
Una pressione psicologica che indirizza giovanissimi verso pesanti terapie ormonali e interventi chirurgici distruttivi e irreversibili. Un lavaggio del cervello che insinua nell’adolescente la menzogna di essere nato in un corpo sbagliato. «Non stupisce che le istituzioni dell’Ue si schierino», spiega Jacopo Coghe, portavoce della onlus Pro-vita e Famiglia «contro chi difende i diritti dei bambini». Coghe fa riferimento al caso dell’Ungheria finita nel mirino del Bruxelles per una legge definita anti-gay. Quindici paesi hanno aderito alla causa intestata contro il governo Orban, con tanto di polemiche per la mancata adesione dell’Italia. La legge in questione ha l’obiettivo di inasprire le pene per i pedofili. Nella norma si legge che «lo Stato protegge il diritto dei bambini alla loro identità di genere, intesa come sesso alla nascita... fino al diciottesimo anno di età». Tutto qui.