Sinistra in cattedra

Pd, assalto alla scuola: "Lo facciamo in aula", l'ultima vergogna

Alberto Busacca

La sinistra difende l’indipendenza della scuola dalla politica. Ma poi, a ben vedere, chi fa politica a scuola è proprio la sinistra. In maniera spesso piuttosto scomposta. Il tema dei “docenti militanti” non è certo nuovo, se ne parla ormai da decenni. Però l’arrivo del governo di destra pare aver risvegliato i progressisti, che evidentemente sperano che il mondo dell’istruzione (studenti, professori, presidi...) possa essere il primo a sollevarsi contro l’odiata Meloni. È da oltre un mese e mezzo, infatti, che i compagni sembrano aver lanciato un vero e proprio assalto alla scuola. Il ragionamento potrebbe essere anche questo: se i grandi non ci votano (Il Friuli Venezia Giulia è solo l’ultimo caso), proviamo almeno a indottrinare i piccoli...

Era metà febbraio quando è uscito il video della rissa tra ragazzi di destra e di sinistra davanti al liceo Michelangiolo di Firenze. Un’occasione troppo ghiotta per la sinistra, che ha subito parlato di «aggressione squadrista», di «spedizione punitiva» di un gruppo di «adulti» ai danni dei ragazzi del collettivo e immancabilmente di «pericolo fascista». Le cose, si è scoperto dopo, non stavano proprio così. I ragazzi di destra (appartenenti al gruppo Azione studentesca) si erano presentati davanti al liceo per un volantinaggio, gli studenti di sinistra avevano provato a impedirlo e da lì era nato un parapiglia.

 


Niente spedizioni punitive e nessun adulto coinvolto. Ma ormai il dado era tratto. E così, pochi giorni dopo, è arrivata la lettera ai ragazzi scritta da Annalisa Savino, preside di un altro istituto fiorentino, il Leonardo da Vinci, e in passato candidata alle primarie del Partito democratico. «Il fascismo in Italia», si leggeva, «non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici lasciata a sé stessa da passanti indifferenti». Poi quella che molti hanno letto come una stoccata alla destra di governo: «Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé».

Il ministro Valditara ha criticato l’iniziativa, parlando di lettera «impropria». Scatenando così i progressisti, scesi in campo in difesa della preside. Il tutto si è poi concluso il 4 marzo, a Firenze, con una manifestazione “a difesa di scuola e Costituzione”, contro il fascismo e Valditara, a cui hanno partecipato anche la neo-segretaria del Pd, Elly Schlein, e il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte. «È una giornata meravigliosa», ha detto la Schlein in piazza, «perché qui c’è stata una grande risposta a difesa della scuola, a difesa dei valori costituzionali. Non potevamo che essere qui, perché a seguito di quella aggressione squadrista la migliore risposta è esattamente questa...». A pochi passi da lei sventolavano le bandiere della Jugoslavia di Tito, mentre qualcuno chiedeva di liberare l’anarchico Alfredo Cospito. Alla faccia dei valori costituzionali...

Archiviata la rissa di Firenze è stata poi la volta del caso Cutro. Dopo la morte dei migranti, i professori “militanti” hanno emesso la sentenza in tempo record: colpa del governo. Il primo ad andare all’attacco è stato Enrico Galiano, scrittore e professore a Pordenone. Che l’ha spiegato molto chiaramente: «Io glielo dirò, cosa avete fatto. Entrerò in classe e leggerò ai miei studenti le dichiarazioni del ministro, che ha detto: “Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità”. Le leggerò e mi siederò lì ad ascoltare cos’hanno da dire. Hanno dodici anni, i miei studenti. Ed è giusto che sappiano». E poi: «Lo vedranno da soli che avete fatto arrestare chi voleva salvare delle persone. Che avete scritto e detto cose orrende, che avete l’anima sporca di parole che nessuno potrà cancellare. Glielo dirò che avete costretto in porto le navi che avrebbero potuto salvarli. Glielo dirò che sono anni che usate la vita delle persone per raccattare quattro voti in più». Insomma, un bel comizietto anti-dedei ragazzini delle mestra a die...

Ma non era abbastanza. E così, sulla Stampa, Elena Stancanelli ha lanciato la proposta: tutti in classe con una fascia bianca al braccio per protestare contro un governo che, «scientemente», ha deciso «di lasciare affogare uomini, donne e bambini». «Mettiamo al braccio una fascia bianca», aizzava, «andateci a scuola, fatevi vedere, gridate la vostra estraneità a questo abominio. Noi non siamo complici di questa strage, vi lasciamo soli con la vostra mostruosa disumanità».

 

 

Nel giorno stabilito, poi, la Stampa ha pubblicato le foto della scuola media Calvino di Torino. Docenti e alunni, ovviamente minorenni, con la fascia bianca stretta al braccio. Piccolo particolare: la preside, Lorenza Patriarca, è anche consigliera comunale del Pd...

Restiamo a Torino, giusto per segnalare che il 10 marzo una cinquantina di militanti dei collettivi antifascisti ha provato a impedire un volantinaggio, al Campus Einaudi, degli studenti di destra del Fuan-Azione universitaria, organizzato in vista delle elezioni studentesche del 28, 29 e 30 marzo. Per evitare scontri è dovuta intervenire la polizia, mentre i compagni lanciavano i loro soliti slogan: “Il maresciallo Tito ce l’ha insegnato, infoibare i fascisti non è reato” e “Fuori i fascisti dall’università”.

Clima da anni Settanta anche a Milano. Il 13 marzo, infatti, il sottosegretario all’Istruzione Paola Frassinetti si è recata all’istituto Molinari per ricordare Sergio Ramelli, militante di destra e studente di quella scuola barbaramente ucciso a sprangate da estremisti di sinistra nel 1975. Ad accoglierla, però, c’era anche la contestazione di una trentina di persone della rete antifascista, tra i quali pure qualche docente. Incredibili le dichiarazioni: «Noi Ramelli lo vogliamo ricordare per quello che era: un picchiatore fascista». È questo che insegnano ai ragazzi?

Polemiche, infine, a Bologna, dove il sindaco Matteo Lepore, fedelissimo della Schlein, ha recentemente incontrato i ragazzi delle medie per parlare di ius soli e diritto di cittadinanza. Duro, sull’episodio, il leader leghista Matteo Salvini: «Comizio del sindaco del Pd nelle scuole di Bologna, con ragazzine e ragazzini, per promuovere il principio dello ius soli. Imbarazzante». L’associazione nazionale presidi, tramite Lamberto Montanari, rappresentante per l’Emilia-Romagna, ha invece difeso il primo cittadino: «Il termine “straniero” a scuola non esiste». Insomma, la scuola deve essere indipendente però i comizi progressisti vanno benissimo. D’altra parte, come ha detto a inizio marzo a DiMartedì un totem della sinistra del calibro di Roberto Vecchioni, cantautore e professore a sua volta, «la politica a scuola va fatta, sarebbe la prima materia da insegnare». Qualcuno, forse, l’ha preso un po’ troppo alla lettera...