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Elly Schlein, la segretaria dell'auto-ovazione: imbarazzo nel Pd

Salvatore Dama
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Meno Ferragni, più “terragni”. Elly Schlein, famosa per le sue iperboli, altrimenti dette supercazzole, non delude alla sua prima uscita da segretaria del Partito democratico. Con i componenti dell’assemblea dem costretti a googlare alcuni sostantivi per non perdere il filo del discorso. Schlein invita i suoi a essere “terragni”. Dalla Treccani: “Di struttura collegata sulla terra”. Cioè, parafrasando, più vicini ai problemi reali delle persone. Più radical e meno chic, insomma. Una sinistra che non insegua gli influencer e non sia “Dior, patria e famiglia”. Altro momento di panico. Quando Elly se la prende con i capicorrente chiamandoli “cacicchi”. Brusio in platea: «Ha detto caicchi?», si chiede qualcuno. "Forse sceicchi? ", azzarda qualcun altro. Rewind, e viene fuori la versione corretta: «Ha detto proprio cacicchi». Altra spippolata su Google: termine mutuato dalla storia dell’America precolombiana: “Cacicco”. Ovvero la traslitterazione di una parola caraibica attraverso lo spagnolo “cacique”. Indicante i capi di alcune comunità tribali in America del Sud e nel Messico, che ancora oggi sta a indicare il “capo del villaggio”.

 

 

 

MITOMANIA

Bene. Per il resto va segnalato il momento mitomania, quando Schlein benedice la sua ascesa come «l’inizio di una nuova primavera». Sulla guerra, invece, l’Elly-pensiero si attorciglia in una sequenza di giustapposizioni, secondo uno schema paratattico. O paraculo, fate voi. Per dire tutto e non dire niente. Eppoi: ecumenismo nel partito appena conquistato, per tranquillizzare l’ala moderata ed evitare nuovi addii. «Sarò la segretaria di tutti e di tutte anche di chi non mi ha votata. È ora di smettere le magliette del congresso e indossare tutti e tutte le magliette del Pd. Io da sola non basto, non ho mai creduto in un uomo solo al comando, non ho l’ambizione di un vuoto nuovismo che non mi è mai appartenuto. Apriamo insieme una fase di collaborazione. Proseguiremo insieme il lavoro di rinnovamento e apertura» iniziato da Letta e Zingaretti.

 

 

 


MALI DA ESTIRPARE

«Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane intendo rimettermi in cammino per ascoltare i territori». Il nuovo corso crea entusiasmo, dice lei: «In una settimana sono state sottoscritte più di diecimila tessere». Ma l’ondata di adesioni non deve tradursi in un nuovo trionfo del correntismo: «Anche dentro di noi abbiamo mali da estirpare, non vogliamo più vedere stranezze e cose irregolari sui tesseramenti, non vogliamo più vedere capi bastone e cacicchi vari (rieccola, ndr). Su questo non sono disposta a cedere di un millimetro». Schlein ricorda le settimane difficili, funestate da alcuni lutti, come il suicidio del senatore Bruno Astorre. Un modello di militanza: «Nel campo di calcio di Colonna, il suo paese, c’era il modo in cui dobbiamo essere vicini, prossimi e terragni (bis, ndr). La forza della comunità è quella cosa lì».

Il resto del menù già lo si conosce. Sul lavoro: «Salario minimo», perché «sotto una certa soglia non si può chiamare lavoro, ma sfruttamento». Sul reddito di cittadinanza, da tenere: «Non capiamo perché questo governo si stia accanendo contro i poveri». Sui fasci, che riemergono come zombie dai tombini: «A Firenze ci siamo ritrovati in molti per dire no alla violenza politica, a un’aggressione squadrista che non può essere mai tollerata». Sul centrosinistra unito: «Irresponsabile non trovare battaglie comuni con le altre opposizioni contro questo governo». Sull’immigrazione: Palazzo Chigi è “inumano”. Infine l’esercizio di equilibrismo sulla guerra per non pronunciare quelle quattro lettere: armi. «La pace non è una parolaccia, ma deve essere una pace giusta». Ok.

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