La lettera

Carlo Calenda insulta ancora gli italiani: "Come il televoto a Sanremo"

"In una democrazia gli elettori non possono avere sempre ragione e contemporaneamente sempre lamentarsi della politica che pure hanno votato": Carlo Calenda torna all'attacco in una lettera inviata al Corriere della Sera. Già dopo l'esito delle regionali, che hanno segnato una pesante sconfitta per il Terzo Polo, l'ex ministro aveva proposto la tesi secondo cui "gli elettori non hanno sempre ragione". Ora non solo non indietreggia ma rincara la dose. Anzi, ha detto che crede ci sia una "ipocrisia" di fondo quando si afferma che gli elettori hanno sempre ragione.

 

 

 

Calenda ha riconosciuto che nella democrazia l'elettore è il vero "Re", ma poi ha aggiunto che "anche i Re possono sbagliare". Successivamente ha scritto che nel nostro Paese "da molto tempo il voto degli elettori prescinde da ogni criterio razionale relativo alla capacità effettiva di governo delle istituzioni dei candidati in campo". Secondo lui, negli ultimi decenni è prevalso il voto "contro", a cui poi si è affiancato il voto per moda: "Si votano i 5s quando va di moda il vaffa; poi il 'Capitano' che promette 'prima gli italiani', infine la Giorgia nazionale del 'sono una madre, sono cristiana' (anche questo, uno slogan non esattamente pregno di significato politico)".

 

 

 

Per Calenda si tratta di consensi "fondati sul nulla" e che in breve tempo "tornano al nulla". Nella lettera, poi, il leader di Azione ha scritto che per una parte della popolazione il voto "è diventato l'equivalente del televoto al Festival di Sanremo". Parlando della totale separazione tra elezioni e governo, ha annotato che tra voto contro e televoto "l'unica cosa che le elezioni non sono davvero più è il meccanismo di scelta delle persone più preparate per governare il Paese".