La posta in gioco
Meloni e Macron, cosa sa bene la premier: "Nel nome dell'Italia"
Giorgia Meloni usa la metafora del Titanic: se si va a sbattere contro l’iceberg non è con il biglietto di prima classe che hai la certezza di salvarti. Il Titanic sarebbe l’Europa, quelli della prima classe sono Germania e Francia che pretendono di essere un piano sopra gli altri 27 passeggeri di quel piroscafo che è l’Unione. Domanda: è più europeista Giorgia Meloni che vorrebbe tenere tutti i passeggeri insieme a pari dignità per meglio affrontare eventuali iceberg (peraltro già in vista), o il duo Francia-Germania che ogni due per tre tentano la fuga in solitaria come è avvenuto due giorni fa con l’esclusiva cena all’Eliseo ospite il presidente ucraino Zelensky definita dalla premier una «bambinata a uso interno»?
La risposta è ovvia, ma non per tutti. A leggere i giornali italiani di ieri mattina ci si potrebbe infatti fare l’idea che l’Europa è un monolite che vuole lasciare alla porta quegli zozzoni di italiani così mal rappresentati. In realtà è l’inverso: a considerare l’Europa una porta girevole dalla quale entrare e uscire dalla comunità in base alle convenienze nazionali sono proprio Francia e Germania e la cosa è talmente smaccata che incominciano a girare non la porta ma gli zebedei non soltanto all’Italia, non solo agli altri Paesi membri ma persino agli Stati Uniti, all’Inghilterra e financo alla Nato. Quello isolato è Macron ma i commentatori italiani carichi di pregiudizi rinfacciano alla Meloni come un torto quello che è un merito: dire queste cose senza tanti giri di parole, del resto tacere potrebbe salvare sì la forma ma non certo la sostanza di quello che sta accadendo.
Giorgia Meloni sa bene che si governa in base ai rapporti di forza e penso non le sfugga che quelli che regolano il traffico europeo oggi ruotano attorno all’asse franco tedesco. Il che però non significa che Francia e Germania possano scorrazzare come meglio credono a scapito degli altri Paesi, soprattutto di quelli dell’area mediterranea che nella visione del nostro premier è il baricentro, oggi snobbato e maltrattato, dell’Unione. Insomma, la premier non sta facendo né capricci né ripicche, fa politica e la fa in nome e per conto di un paese, l’Italia, che è pur sempre il terzo contribuente delle casse europee a una sola incollatura dalla Francia di Macron (12 per cento contro il 17 transalpino). Come dicevano i latini, pacta sunt servanda, i patti devono essere rispettati.
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