Caos dem

Pd, figuraccia sulle armi anti-Putin: già spaccato sul voto

Elisa Calessi

Le doglie del cosiddetto “nuovo Pd” si sono viste, ieri, alla Camera dei deputati. Su un classico spartiacque, che anche in passato ha creato fratture nel centrosinistra: la politica estera. In particolare, il dilemma sull’uso delle armi. Se e quando sia legittimo. E così sul decreto Ucraina, quello che proroga fino al 31 dicembre 2023 l’autorizzazione, «nei termini e con le modalità» stabilite nella normativa e «previo atto di indirizzo delle Camere», all’invio di «mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» all’Ucraina, il centrosinistra si è diviso.

Il Pd ha votato, tutto, a favore, il M5S e Alleanza Verdi e Sinistra contro, Articolo 1 si è spaccato (in parte ha votato a favore, in parte non ha partecipato al voto), Laura Boldrini, eletta nelle liste del Pd, non ha partecipato al voto e Paolo Ciani, Demos, eletto nelle liste del Pd, ha votato contro. Alla fine, il decreto è passato a larga maggioranza: 215 voti favore e 46 contrari. Ma con tre dati politici: la spaccatura del (fu) campo largo, la spaccatura della mini-coalizione che si era presentata alle elezioni politiche, le divisioni all’interno dello stesso Pd in versione “nuova” (cioè allargato ad Articolo 1 e a componenti esterne). Diversamente dal passato, il Pd ha tenuto. Hanno votato a favore, e lo hanno subito rivendicato in una nota, a scanso di equivoci, anche i sostenitori di Elly Schlein, la più esplicita tra i quattro candidati alla segreteria dem sulla necessità di una trattativa per la pace. 
 

LE POSIZIONI
Unico voto contrario è stato quello di Ciani, di Demos, proveniente dalla Comunità di Sant’Egidio. Non hanno partecipato al voto, invece, Arturo Scotto e Nico Stumpo di Articolo 1, così come Laura Boldrini. I due deputati di Articolo 1 hanno rivendicato la loro scelta, ricordando che già nei precedenti decreti avevano fatto la medesima scelta. «Oggi non si intravede nemmeno l’ombra di un’agenda diplomatica. Resta solo il via libera ad un ulteriore escalation di armamenti», ha detto Scotto in Aula. «Putin è un dittatore ed è l’aggressore», spiega a Libero Stumpo, «ma non credo che continuare a inviare armi all’Ucraina sia un modo per raggiungere la pace. In ogni caso su temi come questi è giusto che sia lasciata libertà di coscienza, io non ho fatto altro che confermare il voto già espresso in passato». Roberto Speranza, Federico Fornaro e Cecilia Guerra, invece, sempre di Articolo 1, hanno votato a favore. Il via libera al decreto prepara il terreno a un sesto decreto interministeriale (Difesa, Esteri ed Economia) che conterrà la lista di mezzi, materiali ed equipaggiamenti che partiranno per Kiev. ll ministro della Difesa Guido Crosetto, su Rete 4, ha spiegato come quello deciso dal governo sia un sostegno dato «nella speranza che la guerra si fermi, non che continui», «è una decisione che nasce da una comunità internazionale che si è ritrovata d’accordo nel rispondere all’urlo e alla richiesta di aiuto da parte di una nazione invasa da un’altra nazione. Alcune nazioni hanno deciso di aiutare la nazione attaccata a difendersi: lo ha fatto il governo che ci ha preceduto, lo sta continuando a fare questo governo nell’ambito di un accordo di cinquanta Paesi della comunità internazionale e lo fa sperando che la guerra si fermi».


I toni più duri sono arrivati dai Cinquestelle. «Cosa faremo», ha chiesto Marco Pellegrini, capogruppo del M5S, «quando Zelensky ci chiederà non più solo armi ma anche uomini? Dite la verità ai cittadini: l’Italia e l’Europa stanno entrando in guerra». Compatto, invece, il centrodestra, nonostante ci siano sensibilità diverse sul tema. «L’auspicio di Fratelli d’Italia e del centrodestra», ha spiegato Tommaso Foti, di FdI, «è che tutti i partiti convengano di appoggiare la battaglia del popolo ucraino e quindi di sostenere le misure di questo decreto. Perché si sta dalla parte dei Paesi che lottano per la libertà e non con gli oppressori». Giorgio Mulé, vicepresidente della Camera, di Forza Italia, ha ricordato come un anno fa tutti, «governo, forze di maggioranza ed anche quello che all’epoca era il principale partito di opposizione abbracciammo la causa giusta della libertà».

 

POLITICA INTERNAZIONALE
Ora, «se le condizioni politiche internazionali non sono mutate perché dovrebbe mutare la posizione dell’Italia?». Anche la Lega, nonostante i maldipancia, ha votato a favore, perché, come ha spiegato Paolo Formentini in Aula, «senza il consistente aiuto occidentale ben difficilmente l’Ucraina avrebbe potuto sopravvivere al tentativo russo di cancellarne l’indipendenza politica e privarla delle proprie capacità di difesa». Detto questo, ha aggiunto di essere certo che il «il governo continuerà ad aggiornare le forze politiche su quanto accade». Certezza che, in realtà, è una richiesta. E un sì convinto è arrivato da Azione-Italia Viva. «Chi non ha votato oggi in Aula», ha spiegato Matteo Richetti, «non ha ancora chiaro un concetto: è la Russia a calpestare il diritto internazionale. Non smettiamo di fare la nostra parte». Il governo ha approvato l’ordine del giorno presentato dal M5S che impegna l’esecutivo «ad avviare un percorso politico-diplomatico che porti a una Conferenza multilaterale sulla pace».