Dietro le quinte
Meloni, dopo Covid e Qatar: il piano per conquistare l'Europa
La maggioranza Ursula è stato un mostro politico, un'alleanza che ha unito popolari, socialisti, verdi, perfino grillini sotto il cielo di Bruxelles. La chiamano maggioranza Arcobaleno, ma nonostante i frequenti temporali che l'hanno sconquassata, mai il raggio multicolore che annuncia il sereno è apparso all'orizzonte. D'altronde, dai pastrocchi difficilmente viene fuori qualcosa di buono. L'alleanza fu un'unione di debolezze per fermare le destre, che già quattro anni fa facevano incetta di voti. La promosse Angela Merkel, già da tempo allora in declino, che esportò nella Ue, filiale di Berlino, la formula di governo che la teneva in piedi e vi impose a capo la sua dama di fiducia, la von der Leyen. La signora preferita da Manfred Weber, il leader tedesco dei popolari europei, che se promosso avrebbe oscurato la cancelliera, avviandola al prepensionamento.
Weber è lo stesso signore che due giorni fa, a Roma in occasione dei funerali di Papa Ratzinger, ha incontrato il premier italiano, Giorgia Meloni, dando la stura a ricostruzioni non troppo fantasiose sui progetti che i due condividerebbero in vista del voto per le Europee, tra poco più di un anno. Molto bolle in pentola in effetti, perché questa maggioranza europarlamentare sta attraversando una crisi che pare irreversibile.
ISTITUZIONE VUOTA - Lo scandalo dei finanziamenti del Qatar, sborsati per convincere la Ue a dire ufficialmente il falso sul Paese degli emiri, paragonandolo a un Bengodi per lavoratori immigrati, donne e gay, è devastante per la credibilità dell'Europarlamento, che si è manifestato come un'istituzione vuota e senza principi, al servizio di un coacervo di interessi individuali e nazionali, con il denaro sporco come unico collante. Ma è solo l'ultimo capitolo. Sanguinosa è stata la gestione del Covid, con l'Europarlamento che ha chiuso, ogni Stato che ha fatto storia a sé e uno scandalo che incombe sulle spalle della presidente Ursula per l'acquisto dei vaccini, l'unica cosa di buono che l'Europa era riuscita a fare. Inesistente poi la posizione sul conflitto in Ucraina, faticoso e tardivo l'accordo sul tetto al prezzo del gas, imbarazzanti le profonde divisioni in materia di immigrazione e la mancanza di un piano politico per gestire la catastrofe umanitaria futura, velleitarie e suicide le politiche verdi, un elenco di principi senza nessun criterio guida di applicazione pratica.
Questo è lo scenario in cui si muovono i protagonisti. Va aggiunto che in Italia sull'Europa e la destra non ce l'hanno mai contata troppo giusta.
Uno degli argomenti forti della campagna elettorale della sinistra è stato che, in caso di vittoria della Meloni, l'Italia sarebbe finita fuori dal consesso continentale, ostracizzata come lo era stata ai tempi di Salvini. La realtà è però diversa. È la sinistra a Bruxelles, così come lo era il Pd al governo qualche mese fa, a essere a fine corsa. I socialisti sono travolti dagli scandali, in Francia non esistono più, in Italia sono in attesa di congresso e superati dai grillini, in Spagna sono in uscita, in Germania governano ma nell'esecutivo più debole che si ricordi da cinquant' anni a questa parte, nella maggior parte dei Paesi dell'Est e del Nord Europa sono minoranza.
In Italia, complice la disinformazione martellante attuata dai media progressisti, ce ne stiamo accorgendo solo adesso, ma da oltre un anno la Meloni, attraverso il suo plenipotenziario a Bruxelles, il ministro Raffaele Fitto, e il forzista Antonio Tajani, ex presidente dell'Europarlamento in quota Ppe, si stanno muovendo per lavorare alla prossima maggioranza dell'Europarlamento che uscirà dal voto del 2024. La stessa elezione della presidente, la maltese Roberta Metzola, in sostituzione del dem David Sassoli, nel gennaio scorso, è frutto di un accordo tra i conservatori europei, dei quali il nostro premier è presidente, e i Popolari, che hanno ricambiato la nomina della loro esponente votando il lettone Roberts Zile alla vicepresidenza. Tre mesi fa, a saldatura dell'intesa, è arrivato l'incarico a nuovo segretario generale dell'assise continentale, incarico di primissimo piano, per Alessandro Ciocchetti, già attivo nel gabinetto di Tajani.
NOMINE IN SCADENZA - È una tela che si sta sempre più intensificando e che, anziché portare l'Italia ai margini dell'Europa, come minacciato da Enrico Letta e compagni, potrebbe regalare al nostro Paese, in una commissione retta dall'asse conservatori-popolari, quel ruolo centrale che non ha mai avuto, specie se la Berlino socialista e la Parigi macronista si dovessero trovare in minoranza nella Ue. Ci sono molte nomine in scadenza che il prossimo governo dell'Unione deve fare e dalle quali dipende la stessa sopravvivenza dell'alleanza. La prima è indicare alla Banca Centrale Europea un sostituto dell'attuale governatore, quella Christine Lagarde, avvocato d'affari e burocrate, che di economia non capisce nulla e che fa perdere miliardi ai risparmiatori ogni volta che apre bocca, dando la drammatica sensazione di non riuscire a capire gli effetti delle sue parole.