Nero su bianco
Sinistra, il saggio che spiega perché non è in sintonia con i giovani
Mike Watson è un critico e teorico dell'arte e dei media britannico che è vissuto 5 anni in Italia prima di trasferirsi in Finlandia. Nel nostro Paese, che non da oggi può essere considerato un laboratorio politico che spesso anticipa tendenze che presto si affermeranno altrove, egli ha visto comparire sulla scena politica e poi affermarsi movimenti come i Cinque Stelle, la Lega di Salvini e Fratelli d'Italia. Ne ha pensato tutto il male possibile, soprattutto degli ultimi due, essendo egli un uomo di sinistra, anzi un progressista liberal, mentre la destra "pone l'accento su un ritorno all'ordine e sul rifiuto delle conquiste progressiste che si sono succedute in Occidente dalla fine della seconda guerra mondiale". Tuttavia ha potuto vedere anche come la destra si trovava più a suo agio della sinistra con i vari modi di comunicazione e su Internet. Da questa esperienza è nato un saggio di piacevole lettura, che esce ora per Meltemi: Stranger Things.
Perché la sinistra non impara a usare il meme? (pagine 125, euro 12). A suo dire il desiderio ultimo della destra era, attraverso i new media, di imporre il proprio controllo e dominio sul mondo magmatico della rete, il che è però in fondo impossibile. Fatto sta che la sinistra ha arrancato, non ha compreso il carattere democratico di Internet e non è quindi entrata in sintonia con le giovani generazioni. Secondo Watson- la cui figura si inscrive alla nota categoria degli insoddisfatti della sinistra che si macerano su quel che la sinistra debba essere e non è- la sua parte politica dovrebbe finalmente riconciliarsi con il mondo della rete e ammettere che "si tratta del più democratico modo di comunicare che sia stato finora disponibile". Se la sinistra non ha fatto ancora questo passo, è perché in essa domina ancora, secondo Watson, una idea di industria culturale e di comunicazione di massa ormai datata, risalente ad Adorno e al pensiero critico della Scuola di Francoforte.
Sono quelle dedicate alla critica della "teoria critica", per dirla con un gioco di parole, le pagine più interessanti del libro: "La denuncia di Adorno, secondo cui un sistema apparentemente democratico utilizza prodotti culturali realizzati in serie per intorpidire le menti di un pubblico ignaro, perde terreno data la vasta gamma di scelte e interattività offerte da Internet". È a questo punto che si capisce quale è il vero obiettivo polemico di Watson: "La maggior parte della letteratura accademica di sinistra sui media - egli scrive- predica che non scegliamo, pensiamo solo di farlo, ma la cosa forse più difficile da accettare per i critici culturali è che la proliferazione di contenuti acritici , scherzosi e blasé su Internet è una diretta conseguenza del fatto che si tratta del media più interattivo e democratico fino ad oggi... Noi scegliamo (per quanto la scelta sia possibile) , ma non le cose che il mondo accademico di sinistra si aspettava che le persone scegliessero quando veniva data loro un'immensa libertà di scelta". Quello che si crea, in questo, nel libro di Watson è uno strano cortocircuitò o paradosso: egli critica solo i radical chic da una posizione del tutto ancora ai miti dei radical chic!