risalita
Matteo Salvini è rinato, non solo sondaggi: da quando è ministro...
«Non siamo una caserma, chi esce dalla Lega fa una scelta, tanti saluti e buon Natale. L'importante è che il 12 febbraio, in Lombardia e in Lazio, i cittadini si esprimano». Nessuna rabbia, neppure atteggiamenti di circostanza. Le parole che il segretario della Lega rivolge ai fondatori del Comitato per il Nord, costituito da Ciocca e Grimoldi nel nome di Bossi e che deve ancora decidere del proprio futuro, sono di cortese distacco. I giorni più difficili perla leadership di Salvini all'interno del partito sono alle spalle. Ora il percorso è tornato chiaro, a chi deve tracciarlo e a chi deve seguirlo.
RUOLO OPERATIVO
Gli incarichi ministeriali fanno bene al capo della Lega, che ha raggiunto il massimo di popolarità quando guidava il Viminale, tre anni e mezzo fa, e che ha iniziato a risalire nei sondaggi quando si è accasato in un altro dicastero, alle Infrastrutture e Trasporti. I ruoli operativi gli conservano l'umore alto, lo tengono impegnato, gli consentono di mostrare la sua natura proattiva e gli evitano sbandate. Lo rassicurano. I primi ad accorgersene sono stati gli uomini più vicini a lui, che parlano di un «Matteo rinato». E se il clima torna positivo, il panorama appare tutto sotto un'altra luce. I governatori ricominciano a essere considerati risorse di tutti e non voci critiche minacciose.
È cambiata anche la comunicazione del segretario. Meno frequente e più mirata. Certo, liberarsi dell'insegnamento di Luca Morisi, l'ideatore della Bestia, che gli suggeriva di intervenire a raffica su ogni cosa per marcare il territorio, non è cosa semplice, perché è la strategia che ha portato al successo. Ma i tempi sono cambiati e con essi quello che gli elettori leghisti si aspettano dal segretario. Ieri è intervenuto in prima serata al Tg1, anche per non lasciare totalmente il campo alla Meloni, intervistata il giorno prima a Porta a Porta in un'insolita prima serata. Gli argomenti trattati però sono stati tutti operativi, il Ponte sullo Stretto, il codice per gli appalti, le targhe e i caschi obbligatori per i monopattini. La nuova strategia ha riportato la Lega stabilmente sopra il 9% nei sondaggi, quarta forza sopra Renzi e Calenda. Merito del segretario ma anche della squadra di ministri e sottosegretari, come Rixi, l'ombra di Matteo nella stanza dei bottoni. Nel caos della Finanziaria, Giorgetti all'Economia è parso l'unico punto di riferimento stabile del governo. Le iniziative di Valditara all'Istruzione hanno ricevuto apprezzamenti trasversali e critiche solo di maniera e Calderoli all'Autonomia è chiamato a difendere la battaglia più identitaria, quella dove i territori aspettano al varco il segretario.
Il sondaggio svolto per Libero da Analisi Politiche, che pubblichiamo in pagina, rivela che il tema del Nord è sopravvissuto nella sua centralità alla trasformazione del partito a forza nazionale. È la sfida decisiva per il segretario, quella da cui dipenderanno molte delle sorti future della Lega. Anche solo dieci anni fa, alla domanda se si sentisse di destra o di sinistra, il 90% degli elettori del Carroccio rispondeva «sono leghista». Oggi, dopo la svolta sovranista impressa da Salvini, il 90% dei leghisti si colloca senza esitazioni a centrodestra.
IL GOVERNO DRAGHI
La decisione, per responsabilità e per venire incontro alle richieste degli imprenditori, di sostenere Draghi in un'alleanza larga, assolutamente non tagliata su misura per il leader della Lega, ha esposto il partito alla concorrenza di Fratelli d'Italia e ha finito per penalizzarlo come forza di rottura e di destra. Al contempo, ha imbrigliato il segretario, costretto a difendere ma anche nella necessità di criticare un governo nel quale era un comprimario sopportato più che un protagonista. Con la vittoria del centrodestra il quadro è cambiato totalmente. Salvini ha trovato il suo ruolo nel governo e la Lega si sta ricostruendo un'identità all'interno della maggioranza. Infrastrutture, lavoro, partite Iva, scuola, autonomia, pensioni, attenzione ai disabili, cioè ai deboli: è un ritorno alle origini che punta a occupare gli spazi che l'azione della Meloni lascia più scoperti e anche a intestarsi qualche battaglia che in realtà è di tutti. L'obiettivo è tenere il partito vitale e intorno al 10% e avere risultati da vantare quando tornerà il momento in cui devono farsi i conti e magari anche Frateli d'Italia, come tutte le forze. Lega compresa, che hanno avuto fiammate che le hanno portate al 30%, andrà incontro a una minore popolarità. Il leader del Carrocico ha ritrovato serenità, sta bene dov' è, ma sente che la partita della leadership del centrodestra non è persa per sempre, solo che è meglio combatterla scegliendo la strada della collaborazione fattiva piuttosto che della rivendicazione a beneficio di telecamera. La strada è l'habitat di Salvini. Oltre a percorrerle, ora si propone di costruirle.