Con l'Europa

Ora un piano Marshall per far ripartire le attività nel Meridione

Bruno Villois

Lavoro, occupazione, reddito di cittadinanza da una parte, politica, imprese, sviluppo d'altra, sono componenti prioritarie per il futuro del Paese. A scatenare una netta contrapposizione tra le parti in questi ultimi anni, è stato il reddito di cittadinanza, visto da centrodestra e imprese, come scudo di protezione per nullafacenti a vita, mentre dal centro sinistra come tutela delle fasce più deboli, cresciute in misura esponenziale in questi ultimi anni. Il costo annuo della misura è stato iperbolico e il risultato per recuperare un certo numero di disoccupati è stato quasi nullo, così com' è stato un fallimento il ruolo dei 3mila navigator che dovevano assistere i beneficiari nella ricerca di un’occupazione.

 

È però altrettanto vero che una parte rilevante del crescente numero dei senza reddito ha trovato proprio nel reddito di cittadinanza un mezzo per riuscire a trovare un po' di sollievo alla propria esistenza. A fronte di queste considerazioni è fondamentale ricordare che è necessario distinguere tra povertà, da limitare senza se e senza ma, e lavoro. Per la prima è propedeutico realizzare un programma indirizzato che consenta di limitare il rischio di insussistenza per chi è senza reddito e non ha le condizioni per invertire la propria condizione di vita. Per il secondo serve un grande piano costituito tra politica e rappresentanze datoriali e dei lavoratori, che definisca le condizioni per dare corso ad organizzazione, risorse finanziarie, formazione, ma anche un preciso impegno a industrializzare le aree in cui disoccupazione e povertà, cioè il Meridione, sono particolarmente evidenti e da decenni in perenne aumento. Il divario di reddito tra la popolazione meridionale e quella settentrionale nell'immediato decennio successivo all'unità d'Italia era di molto inferiore a quello attuale.

 

 

Serve una task force che crei le condizioni per formattare un piano Marshall, piano che prevedeva di destinare un'ingente importo di oltre 10 miliardi di dollari, rapportati ai tempi nostri pari a un trilione di dollari, con lo scopo di consentire per l'acquisto di macchinari, combustibili, derrate agricole e materie prime per incentivare la produzione agricola e industriale e perla concessione di prestiti a fondo perduto. Gli obiettivi in campo economico miravano a fornire quegli strumenti funzionali propedeutici ad un aumento della produzione in Italia. Tale obiettivo venne raggiunto: sia nel settore industriale, sia in quello agricolo. È tempo di ripensare ad un piano di questa rilevanza per il Meridione, le cui risorse per realizzarlo oltre che dal nostro Settentrione arrivino da Eurolandia. Essere la seconda o terza potenza industriale d'Europa non può più consentire alla nostra Nazione, ma neppure all'Europa, di viaggiare a due velocità, così differenti e così penalizzanti per quasi la metà del Paese. Innovazione tecnologica e digitalizzazione debbono e possono diventare il perno di un Italia che vince e supera ogni scoglio, ma per riuscirci serve risolvere realisticamente la nota questione meridionale che da decenni non trova soluzioni e peggiora.