Fare il male del Paese

Sinistra pronta anche a tifare default pur di attaccare il governo

Corrado Ocone

Fra gli spauracchi agitati dalla sinistra in campagna elettorale, un peso non irrilevante ha avuto il tema della politica economica. Se si vota e la destra va al governo, questo il "ragionamento" portato avanti, la Manovra dovrà essere realizzata non dal Super-Esperto Draghi ma, sotto l'incalzare di una forte crisi economica, da un manipolo di incompetenti, irresponsabili, demagoghi, che pur di realizzare il loro programma non avranno timore di mandare il bilancio dello Stato allo scatafascio. Ora che la Legge di stabilità comincia a prendere forma, ed è tutta all'insegna della prudenza e del buon senso, la sinistra, lungi dal fare autocritica o dal complimentarsi con l'avversario politico, cambia la strategia argomentiva e la logica del discorso. In barba ad ogni coerenza. Il problema per essa è ora l'opposto: quella del governo è una manovra senza sostanza, tutto fumo gettato negli occhi degli elettori con "mancette identitarie", "misure simboliche", che funzionano come specchietti per le allodole.

 

Basta ascoltare i commenti di opinionisti e leader, per accorgersi che alla destra di governo viene ora imputato di essere troppo responsabile, di non essere quello che tanto facilmente permetteva a lor signori di attaccarla con uno sgangherato processo alle intenzioni. La realtà è invece molto più semplice o prosaica e l'ha fotografata ieri il vicepremier: «Più di così - ha detto Salvini al congresso della Lega di Bergamo e provincia- in queste situazioni è difficile fare, partendo da almeno 20 miliardi delle bollette di luce e gas, ma sono contento perché stiamo raggiungendo obiettivi che ci eravamo prefissati». Più propriamente, quelle che vengono viste come «mancette simboliche» non sono altro che il primo, fosse pure piccolo, passo verso la direzione voluta, verso la realizzazione dei punti qualificanti del programma: fermare la legge Fornero, abolire o rimodulare radicalmente il reddito di cittadinanza, abbattere il cuneo fiscale per imprese e lavoratori, mettere su meccanismi sempre più ampi di flat tax in direzione di un fisco sostenibile per chi fa il proprio dovere e dà il suo contributo alla creazione della ricchezza nazionale.

Imboccare una strada significa non solo compiere un primo passo, che in altri e migliori tempi si provvederà ad accelerare, ma anche manifestare una forma di rispetto per il proprio elettorato, attestare pubblicamente che non ci si è dimenticati del programma su cui si è chiesto il voto e che corrisponde alle reali esigenze e richieste di una fetta ampia e maggioritaria della popolazione. Significa prendere sul serio il mandato ricevuto, e quindi la democrazia.

 

D'altronde, i "simboli" in politica hanno anche un valore performativo, cioè contribuscono a generare i fatti, a far diventare possibile quello che oggi lo è solo in parte. Quanto poi il volere inventarsi divisioni all'interno della maggioranza, quella è una vecchia tattica, a cui nessuno più da credito. E che, nel caso della Manovra, la semplice e rapida approvazione platealmente sconfesserà. Quel che è però evidente è che molta sinistra, pur di vedere il governo in crisi, gioirebbe persino di un esercizio provvisorio del bilancio e di un default generalizzato. Altro che interesse nazionale!