Crisi a sinistra

Sondaggio choc: Letta "spolpato", cifre impensabili

Elisa Calessi

Basta farsi «spolpare», come ha detto Matteo Orfini, da Terzo Polo e M5S. Bisogna «rispondere colpo su colpo», perché «non se ne può più». A ormai più di un mese dalle elezioni, reduce da settimane in cui si è fatto da punching ball di Terzo Polo e Cinquestelle e la proposta del coordinamento delle opposizioni è caduta nel vuoto, il Pd prova a cambiare rotta. Anche perché i sondaggi sono spietati: la linea tenuta dal voto a oggi non ha pagato. Il M5S rischia di sorpassare i dem e il Terzo Polo cresce. E così la direzione convocata da Enrico Letta per fissare la road map del congresso (le primarie si terranno il 12 marzo) diventa anche l'occasione in cui si prova a cambiare direzione di marcia nel fare l'opposizione.

CAMBIO DI VOCABOLARIO
Non sono solo i dirigenti, di tutte le correnti, a chiederlo. Consapevole che occorre dare una svolta, uscire dall'incubo di un Pd stretto tra l'incudine (Terzo Polo) e il martello (M5S), è anche Enrico Letta che, già nella relazione di apertura, mette a tema proprio questo. «Abbiamo cominciato e dobbiamo farlo ancora di più a cambiare il nostro vocabolario e il nostro pensiero rispetto ad anni in cui siamo sempre stati al governo. Oggi entriamo in una nuova fase della nostra storia. Una storia di opposizione». E lo spazio per farlo, dice, c'è. Per esempio su Covid ed estensione del contante. Gli annunci fatti dal governo Meloni su questi due temi, dice Letta, sono una «retromarcia» profondamente «sbagliata», il messaggio è «liberi tutti». Nei toni, nei tempi. «È un liberi tutti che aiuta chi può evadere contro chi non può o non vuole evadere».

Così come non crede a una Meloni europeista e atlantista. E poi, aggiunge, «non ha mai pronunciato la parola "pace"». Dunque, basta fare i "buoni". Bisogna fare una opposizione vera, dura. «Repubblicana, responsabile», ma determinata. Soprattutto, mai più sotto scacco delle altre due opposizioni. Che, si è capito, vogliono spartirsi le spoglie del Pd. «Noi saremo sempre disponibili a coordinarci con le altre opposizioni», ma non «a farci prendere in giro e a inseguire chi ha altre agende». Si rivolge, senza nominarlo, a Matteo Renzi: «Lo dico a quella parte dell'opposizione che ha già trasferito le tende accanto alla maggioranza, in attesa di poter sostituirne una parte». Una opposizione che «di opposizione non ha più assolutamente nulla» perché se uno interviene in Parlamento e «passa tre quarti del suo tempo a parlare male dell'opposizione è semplicemente una stampella della maggioranza».

Quanto a Conte, allude a lui nella replica. «Se qualcuno vuole giocare a fare il cavalire solitario, allora faremo per conto nostro». Per il resto, assicura che farà da «arbitro» nel congresso, ma sarà una «guida determinata» dell'opposizione, fino a che non si sceglierà il prossimo segretario. E su come rispondere al governo Meloni, su come "reinventarsi" nel ruolo di minoranza, il dibattito si accende. «L'inizio», attacca Orfini, «non è stato buono. Perché non abbiamo saputo leggere il cambio di fase». Va bene «attaccare il Terzo Polo, ma è assurdo non aver replicato all'intervento intriso di ipocrisia e trasformismo di Conte». Usciamo da questa «relazione tossica coi Cinquestelle». Durissimo anche Luigi Zanda: «Dobbiamo rispondere colpo su colpo alle provocazioni di Conte e Renzi». E ne parla anche Stefano Bonaccini, pronto a candidarsi alla guida del Pd. «Per la prima volta abbiamo alla nostra destra e alla nostra sinistra due alternative possibili. Ed è la prima volta che temo che il Pd non abbia un futuro scontato». Più che la «cornice», dice, dobbiamo definire «il quadro».

«FIDATEVI»
La discussione si infiamma anche sui tempi del congresso. Letta fissa un percorso che inizia il 7 novembre per poi passare da una assemblea a metà mese. Il manifesto dei valori arriverà a gennaio e, subito dopo, ci sarà il voto per scegliere i due candidati che si confronteranno alle primarie, il 12 marzo. «Fidatevi, è la soluzione più equilibrata», dice. Chi sostiene Bonaccini, però, avrebbe preferito tempi più corti. «Sei mesi dal giorno delle elezioni per fare un congresso», dice Orfini, «sono una enormità». Mentre la sinistra (che è senza un candidato forte) puntava su tempi più lunghi. Un altro tema sollevato in diversi interventi è quello dell'autonomia differenziata: se il Nord (Piero Fassino) è a favore, il Sud (Francesco Boccia e Provenzano) per niente.