Poveri compagni
Lorenzo Fontana, cattolico non di sinistra (e dunque fascista)
Ai cattolici democratici e progressisti subalterni ai radicali semplicemente ripugna che la terza carica dello Stato, il presidente della Camera dei Deputati, si sia sposato (per di più con una donna!) scegliendo il rito tridentino, cioè la messa in latino. C'è chi viene colto dall'orticaria soltanto a sentir pronunciare l'introibo ad altare Dei. Figuriamoci come si scandalizza chi ha cercato di cancellare ogni traccia di tradizione perfino dalla Chiesa cattolica e ha ceduto dottrinalmente di fronte alla secolarizzazione. Il loro capolavoro era riuscito, al prezzo di un compromesso storico e politico, eleggendo sullo scranno di Montecitorio i compagni Nilde Jotti e Laura Boldrini, Sandro Pertini, Pietro Ingrao, Giorgio Napolitano, Fausto Bertinotti.
Invece adesso all'improvviso quella stagione caratterizzata dal patto scellerato fra centro e sinistra sembra consegnata alla storia. Arriva Lorenzo Fontana, quel ragazzo del Saval, il quartiere popolare di Verona, uno che non si è mai arreso anche se lì, come ha detto nel discorso d'insediamento, «il destino di ogni bambino sembra segnato in partenza». Sì, è un reazionario - ed è giunta anche l'ora di sdoganare questo termine e rivendicarlo fieramente, alla scuola di Nicolás Gómez Dávila - a partire dalle sue radici culturali e religiose, proprio come i popolani cattolici delle Pasque Veronesi divenuti un'élite insorgendo contro gli invasori napoleonici nel 1797. Due secoli dopo, anche lui reagisce contro la colonizzazione ideologica. Senza dimenticare «i diritti delle persone più fragili». I nascituri, per esempio, o i bambini da tutelare dall'attacco dell'ideologia gender. Solo che, in gioventù, non aveva scelto la Democrazia Cristiana, ma la Lega. Del resto è nato nel 1980 e quando lo Scudo crociato finisce travolto da Tangentopoli il ragazzo ha solo dodici anni. Fosse almeno finito in un centro sociale antagonista, lo avrebbero lodato quelli che considerano Gesù Cristo "il primo rivoluzionario". È un falso storico che ha rovinato tante esistenze, magari utilizzando strumenti come la teologia della liberazione.
FAMIGLIA E ABORTO
Eppure i campioni cattocomunisti della tolleranza trovano intollerabile vedere occupati gli spazi che loro stessi avevano lasciato vuoti. Chi difendeva più ormai i diritti dei 300 milioni di cristiani perseguitati nel mondo? Nessuno, per timore di irritare volta a voltai comunisti di Pechino, i Fratelli Musulmani o i laicisti massoni francesi. Allora ci aveva pensato Fontana, nel 2018, a sensibilizzare le istituzioni europee e internazionali, invitandole a mettere il tema della libertà religiosa in agenda. Individuare i diritti umani come condizione delle relazioni fra Stati sarebbe un progresso di civiltà. Siccome però anche le truppe russe avevano liberato qualche villaggio siriano dalle grinfie del Califfato, restituendolo agli abitanti ortodossi, ecco che qualcuno adesso cerca legami fra Fontana e Vladimir Putin, tira fuori le Crociate e l'Inquisizione. Manca solo la Santa Vehme.
Lo stesso accade con il tabù dell'aborto. In mezzo a parole d'ordine come «La 194 non si tocca» e «Decide la donna», ampiamente circolanti anche nel suo partito, l'allora ministro della Famiglia e dei Disabili aveva organizzato il Congresso Mondiale della Famiglia nel 2019, per riaffermare il diritto alla vita. A Verona. Che qualcuno, anche in quell'occasione, aveva confuso con Mosca. Al contrario, Fontana guarda ostentatamente a Roma e nello specifico alla Santa Sede, dove aborto, eutanasia e matrimoni gay non sono considerati parte della Dottrina Sociale della Chiesa. E si rivolge a Papa Francesco, «il riferimento spirituale della maggioranza dei cittadini italiani», che «promuove il rispetto dei più alti valori morali nel mondo, a partire dal rispetto della dignità umana e dei diritti umani fondamentali, e che sta svolgendo un'azione diplomatica a favore della pace senza uguali». Se ne facciano una ragione i credenti che hanno scelto il muro di separazione fra la religione e la politica, anzi la frattura fra la fede e la vita. Ieri, per ricordare l'importanza della «valorizzazione delle diversità» e di resistere all'omologazione, «strumento dei totalitarismi, delle imposizioni centrali sulle espressioni della volontà dei cittadini», il presidente della Camera citava il beato Carlo Acutis, secondo il quale «tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie» e si richiamava a san Tommaso d'Aquino per ricordare che «il Male non è il contrario del Bene, è la privazione del Bene». Proprio le categorie abbandonate dal cattolicesimo liberale e relativista, che condanna chi ha ancora Qualcuno in cui credere e per cui vivere.