Voto avvelenato
Giorgia Meloni, insulti e teste di maiale: clima avvelenato
Ieri, a Milano, all'incrocio di via Giotto con via Cherubini, c'è stato un attentato schifoso e simbolico contro Luigi Calabresi. Lì c'è una stele in sua memoria. E lì qualcuno ha infilzato una testa di maiale su una picca. Che cos'ha fatto il commissario martire per essere inseguito e sfregiato anche da morto? Forse gli autori non si ricordano che i loro vecchi maestri, magari graditi ospiti della Francia, l'hanno già assassinato sparandogli alla nuca? Era il 17 maggio del 1972, sono 50 anni da allora. Ma certo che lo sanno cosa e perché accadde. Proprio per questo oggi insistono. C'è una sorta di coazione a ripetere la parabola tragica dell'antifascismo militante anche in assenza di fascismo e di fascisti. Come allora prima si scatenò la torma dei 780 firmatari che, come molossi, inseguirono dalle pagine dell'Espresso il «Commissario torturatore», c'è chi accende micce e fomenta un clima da guerra civile, alzando il livello della provocazione, e mandando segnali pre-terroristici. Questo Paese non può permettersi questo rischio. Ma che si fa per prevenirlo? Poco, molto poco a giudicare dai risultati.
La denuncia di Giorgia Meloni acquista maggior drammaticità alla luce di quella testa di suino mozzata in faccia a un martire. Giorgia Meloni aveva già evidenziato il significato dei 6-7 episodi - da Cagliari fino a Matera - di insistito e meticoloso disturbo durante i suoi comizi (con un sovrappiù di vandalismo ai gazebo e alle postazioni di propaganda, vedi specie a Milano). La ritmicità di questi fatti, apparentemente di poco conto, obbedisce al rullo tenue di un tamburo di guerra, che fa muovere piano piano le pedine sulla scacchiera, senza mancare un appuntamento di Giorgia, occupando con i suoi mediocri e per ora innocui sicari la piazza elettorale, quali tarli corrosivi della trave su cui si regge la pacifica convivenza elettorale. Ora la testa mozza del maiale equivale, nella sua violenza sanguinolenta, diretta contro Calabresi e ciò che la sua persona porta con sé. Com'è possibile che gli analisti dell'intelligence interna non abbiano, di concerto con il ministro Luciana Lamorgese, provveduto a bloccare sul nascere queste provocazioni?
Noi ci permettiamo di prendere molto sul serio questa performance atroce dove si mescola il fondo limaccioso di certa sinistra con ambiti maleodoranti dei servizi segreti. Una faccenda tale da farci porre una brutta domanda. Chi sarà il prossimo Calabresi? Non è il nostro lavoro. Ma qualcuno se ne sta occupando sul serio? Accontentiamoci di valutare come e perché si sia scelta l'offesa volgare al commissario. I criminali intendono dissotterrare l'accusa contro di lui, falsa falsissima, di aver ucciso l'anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra mentre era interrogato in Questura, e in questo modo esaltare 50 anni dopo l'esecuzione che i Tribunali hanno attribuito ai killer di Lotta continua.
LA MENZOGNA
Si era avvertita qualche eco di questa menzogna proprio di recente, con la citazione ambigua di spettacoli teatrali di Dario Fo, la cui trama è costruita per appendere alla forca Calabresi. Il quale non era neppure presente in quei locali, quando accaddero i fatti. Un pubblico ministero comunista, Gerardo D'Ambrosio, ha dimostrato a suo tempo l'infamia delle accuse. La colpa di Luigi Calabresi in realtà è di non essere morto. Di farci respirare ancora, attraverso in particolare la meravigliosa testimonianza della Signora Gemma, gli ideali di cui è vissuto: amore alla famiglia, amore alla comunità civile, fino a sacrificare coscientemente se stesso per la tutela della convivenza pacifica e la difesa dell'ordine repubblicano. Vorremmo tanto, a questo punto, credere alla versione minimizzatrice, e supporre che il destinatario del messaggio sia un altro, magari un fidanzato fedifrago; ci accontenteremmo persino che la Digos, dimostrando la casualità della vicinanza tra la stele gloriosa e il macabro trofeo da macelleria, attribuisca l'atto ad una gang di balordi. Magari fosse così. Ma per favore non è il caso di avere per ministro della nostra sicurezza Alice Lamorgese. Non siamo nel Paese delle Meraviglie.