Svolta sulla tv
Matteo Salvini, il sindacato Rai insorge contro il piano anti-canone
Il copione non cambia mai. Appena ti azzardi a toccare il canone Rai insorgono i sepolcri imbiancati. Quelle centinaia di milioni estorte ogni anno in bolletta ai cittadini italiani devono restare alla mangiatoia. Che non è fatta solo di giornalisti lottizzati a sinistra in maniera indecente. Ma anche di appalti, produzioni e tanto altro ancora; insomma tutto ha un costo e alla Rai dobbiamo pagarlo noi. Poi, se non c'è nemmeno pluralismo, chi se ne frega.
REAZIONI
Ecco, le reazioni isteriche alla proposta lanciata da Matteo Salvini a Pontida non sono mancate. E per tutte valga la solita voce stonata dell'Usigrai, che vuole dettare legge per l'eternità. Silente quando il piatto ospita pietanze rosse, furioso se per caso c'è qualcosa di destra: è il sindacato dei giornalisti Rai. Ma stavolta Salvini e la Lega non saranno soli. Perché ieri il cronista dell'agenzia AdnKronos ha intervistato il capogruppo di Fdi, Francesco Lollobrigida, che è stato molto chiaro: la proposta di Salvini per l'azzeramento del canone Rai «va analizzata», dice ad Adnkronos Live Lollobrigida. «La Rai serve a informare, a far conoscere. Magari una Rai meno attenta alla contrapposizione con i vari sistemi privati, che fanno un altro mestiere, e più attenta invece a rappresentare gli interessi culturali di questa Nazione». «Se questo è possibile farlo attraverso il canone, bisogna ragionare su questo. Se è possibile farlo in altre maniere sottolinea si può ragionare sempre di tutto». Lega e Fdi, insomma, metteranno sul tavolo la proposta.
Del resto, in un momento drammatico come questo, è necessario garantire interventi immediati a famiglie e imprese e, dall'altra, ragionare sulla tv di Stato «tagliando sprechi, maxi stipendi e incrementando la pubblicità», ribadisce la Lega. «È un modello già seguito da altri Paesi europei, sono incomprensibili alcune reazioni scomposte delle ultime ore. Chi si oppone all'efficientamento della Rai ha interessi da tutelare?». Aggiunge lo stesso Salvini: «Ci sono già 10 Paesi europei che non fanno pagare il servizio pubblico radio-televisivo, mentre grazie a Renzi pesa sulla bolletta. Visto che la Rai si porta a casa 780 milioni di pubblicità si può fare». Ed esplode appunto l'Usigrai: «Senza canone Rai ogni famiglia risparmierebbe 24 centesimi al giorno». Un argomento ficcante, indubbiamente, quello della rappresentanza del privilegio di Stato. Ovviamente, nessun accenno da parte del sindacato rosso alle motivazioni del canone, che dovrebbero stare anzitutto sulla garanzia del pluralismo. Basta leggere con attenzione i dati dell'osservatorio dell'università di Pavia persino in questa campagna elettorale per capire che del rispetto delle diverse opinioni politiche fanno strage quotidiana.
MECCANISMO
Che poi, il servizio pubblico radiotelevisivo lo potrebbe curare anche un privato, se la regola è quella del canone. Oppure, mettere tutti in concorrenza anche sul piano pubblicitario. La Rai ne sarebbe capace? Basterebbe riprendere un antico progetto dell'ex presidente della commissione di vigilanza Rai, Mario Landolfi, che a sua volta lo mutuò da Marco Pannella. Se proprio deve resistere, «il canone oggi della Rai va messo all'asta. Gli italiani finanziano la Rai, che è un protagonista del mercato televisivo, un soggetto imprenditoriale. E la finanziano, come direbbe Totò, a prescindere. Con l'asta i cittadini-utenti-contribuenti finanzierebbero l'oggetto del servizio pubblico e quindi i loro soldi non andrebbero a un soggetto, ma a un contenuto. Secondo questo schema» spiegò Landolfi, «le risorse finanziarie derivanti dal canone andrebbero assegnate dall'Agcom al gruppo televisivo più affidabile in termini di copertura territoriale del segnale e più aderente alla missione del servizio pubblico. Un meccanismo rivoluzionario che consente di coniugare Stato e mercato, equità nelle scelte e trasparenza negli obiettivi». E aggiunge: «I programmi del servizio pubblico andrebbero segnati col bollino blu in modo che io, utente-contribuente, so cosa finanzio. Oggi la Rai insegue la tv commerciale». Lo diceva una decina di anni fa, si può dire che non sia cambiato nulla.