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Giorgia Meloni e il "doppio incarico", premier e mamma

Giorgia Meloni con la figlia Ginevra

La Meloni a Chi: non rinunci alla famiglia. Dalla Meir alla Von der Leyen: come conciliare politica e famiglia: le stigmate da madre manager sanguinano sempre nell'ora di punta...

Francesco Specchia
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Donna, madre e premier: una strategia allegramente ai limiti dell’umano. 

«Quando una donna non vuole solamente partorire e allevare i figli» era solita ripetere «ma quando la donna vuole essere qualcuno…beh, è dura. Lo so per esperienza personale. Sei al lavoro e pensi ai figli che hai lasciato a casa. Sei a casa e pensi al lavoro che non stai facendo. Si scatena una lotta dentro di te: il tuo cuore va in pezzi». Nel 1978, quando Oriana Fallaci le strappò quest’intervista nella sua casa di Gerusalemme, Golda Meir, premier israeliana scolpita nell’alabastro, annegava l’ansia di madre irrisolta ingollando una tazzone di caffè nero e masticando una nazionale senza filtro. Ora, pare che Giorgia Meloni, candidata premier in pectore preferisca il the e non fumi (almeno non davanti alla bambina). Però, nello svelare in un’intervista assai intima al settimanale Chi  i progetti che ne costellano il futuro, Meloni ci ha ricordato - non so quanto consciamente, ma non è importante- la lezione della Meir. 

]«Se diventerò premier, non rinuncerò a nulla di ciò che riguarda mia figlia Ginevra, che ha sei anni. Le donne si organizzano sempre. Basta guardare Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che ha sette figli, o Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, che sta crescendo quattro maschi», afferma lei.

In sintesi: qualsiasi donna è un giunco d’acciaio, e ogni donna-madre, con la sua vocazione a farsi caterpillar vale, nella pianificazione del proprio prezioso tempo, il board di cento multinazionali. Le madri rendono il multitasking un’abitudine: lavorano in un’apnea quotidiana perenne, raggiungono abissi insondabili che neanche Enzo Maiorca. 

La Von der Leyen, la donna più potente d’Europa è alta un metroesessanta, è di una gracilità spiazzante e ha sempre l’aria di passare di lì per caso; eppure gestisce i suoi sette figli come una Biancaneve armata di mitragliatore. La Thatcher, quando il figlio baronetto si perse tra le dune delle Paris-Dakar non fece un plissè, attivò nella ricerca del pargolo l’M16 e, nel frattempo, riuscì a domare la più sanguinosa rivolta sindacale del Regno Unito. Per dire la tenacia della leader. In più -fa notare Giorgia- per lei sussiste l’aggravante dell’orbitare a destra, nella culla politica d’un machismo spesso invincibile crollato assieme a pregiudizi generazionali, soltanto (forse) negli ultimi anni. 

«Le donne di destra interpretano la parità come una sfida e non come una concessione» aggiunge la Presidente di Fratelli d’Italia «noi sappiamo che, qualunque sia il nostro sesso, nessuno ti regala niente. Sto al gioco degli uomini e non ho mai accettato il principio di ricevere un trattamento diverso perché donna, perché voglio raggiungere i miei obiettivi grazie alle mie capacità e non per il genere. Anche perché sono convinta che le donne abbiano delle capacità distintive che possono fare la differenza». La virilità delle mamme da battaglia per me resta sempre un mistero irrisolto.

 Dice sempre Giorgia: «I sondaggi ci danno al 24%: siamo più in alto di tutti perché siamo i più seri. Se mi sento pronta a diventare la prima donna premier in Italia? Mi sono sentita spesso inadeguata, a dire la verità, e a volte tutto mi sembra più grande di me. Ma sono un soldato, io, una combattente. Combatto e sono sicura che la gente ci seguirà. Verrà a votare». La sicurezza in se stesse, in fondo, fa parte del pacchetto. Infine Giorgia chiosa ricordando un metodo molto matriarcale nella gestione dell’ordine della truppa e nella esecuzione implacabile della tabella di marcia verso Palazzo Chigi: «Ci sono due modi per esercitare il potere: con l'esempio o con la paura. Io ho preferito il primo. Se ti chiedo di fare una cosa per me, vuol dire che io l'ho fatta già 20 volte». Lavori di casa, asilo, studio, lavatrice e lavastoviglie, Parlamento, un salto in Europa e una visita ai Tories e una al Likud, danza per la bambina (se Ginevra non è ancora iscritta, lo sarà), cena e letto, lettura delle favola, rimbocco delle coperte, bacio sulla fronte prima del sonno. E il dubbio di non riuscire a fare mai abbastanza. Le stigmate della madre-manager sanguinano sempre nel tran tran quotidiano. 

E qui non c’entra l’ormai mitico discorso multilingue: «Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre…» oramai finito nell’affabulante repertorio degli spin doctor, nell’immaginario della politica conservatrice.  Qui non parliamo di slogan, ma di una disciplina che dai innanzitutto a te stessa, basandoti sull’esempio che hai avuto. Ecco perché mentre Giorgia, qualche giorno fa, postava la foto della madre Anna che soffre di obesità per depressione da quando “era rimasta sola senza lavoro a crescere due figlie”, be’, il pensiero non è andato ad un strategia elettorale. No. Il pensiero è  andato alla Meir, e a mia madre, e a mia moglie: e alla forza biblica di tutte le donne che, ogni giorno, assaltano la realtà con la baionetta in canna. E, come diceva Che Guevara, senza perdere la tenerezza…

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