Colare a picco
Enrico Letta, Francesco Storace: "Dimissioni il 26 settembre"
Carlo Calenda sarà strano, ma pure Enrico Letta a cambiar d'abito ci mette un minuto e anche meno: ora abbiamo scoperto che per lui l'agenda Draghi - esaltata fino a un nanosecondo fa - adesso porta sfiga. Il leader protempore del Partito democratico lo ha confessato a La Stampa senza smentita. A domanda («Ha ancora senso parlare di agenda Draghi?») Letta ha risposto così: «La parola agenda porta malissimo». Alla faccia del partito del premier... Da asso dell'Italia nel mondo, Draghi diventa dispensatore di sfortuna. Roba da non crederci. Insomma, da quelle parti a credere alle virtù del presidente del Consiglio in carica c'è rimasta solo la povera Emma Bonino che ancora ieri impazzava sui social: «L'accordo politico e di governo firmato tra noi e Letta prevede una forte spinta europeista nel quadro dell'agenda Draghi». Salvo beccarsi pernacchie dai soliti discoli Fratoianni e Bonelli, che continuano a insolentire i nostalgici dell'inquilino di Palazzo Chigi. La realtà è che nel nome di un'agenda rinnegata e usata evidentemente solo per solleticare i soliti renziani ancora dentro al Pd, Letta ha scassato l'alleanza con i Cinque Stelle di Conte, ha inseguito invano Calenda e poi è rimasto al palo con Di Maio e la compagnia rossoverde. Applausi a scena aperta per una strategia suicida.Tra poco gli chiederanno pure di rifiutare gli aiuti militari e le armi all'Ucraina, di sostenere finalmente politiche sociali sul lavoro e tutto quello che finora il Pd si è scordato di fare.
STRATEGIA SUICIDA
Mal di testa dolentissimo, ma in politica non si possono recitare troppe e opposte parti in commedia. Letta ha fatto prima un accordo con Calenda per governare in base all'agenda Draghi, e poi uno con verdi e comunisti per non governare in base all'agenda Draghi. Gliela faranno pagare nel partito. Un analista lucido come Giulio Gambino, direttore di The Post International, gliel'ha messa piatta sul suo settimanale con un titolo eloquente, da congresso: «O Draghi o morte: il Pd ha deciso di suicidarsi in nome di chi non c'entra nulla con la sinistra». E in effetti è vero. Passare da Conte riferimento dei progressisti a Draghi il migliore e poi a Calenda come secondo Front runner della coalizione senza rendersi conto che c'erano pure i rossoverdi vuol dire latitare proprio in strategia "de sinistra". Ha "lottato" per le idee degli altri. Nel Pd il sospetto sta contagiando più d'uno: a Letta interessa solo scegliere i nuovi parlamentari facendo fuori i nemici interni. Poi, perdere malamente le elezioni resta un dettaglio...
Una cosa giusta l'ha detta proprio Calenda. Se dell'agenda Draghi in realtà non te ne frega nulla al punto che ti allei con Fratoianni che è arrivato persino a votare contro la ratifica dell'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, non si spiega allora perché hai detto no a Conte. Questi ha sondaggi attorno al 10 per cento, quell'altro, "il gruppettaro", è degno della voce "altri". Ma Letta è fatto così: quando gli prende il risentimento personale sbaglia tutto. Mentre duettava con l'ultrasinistra rinfacciava ai Cinque stelle la caduta di Draghi. E ora non ci parla più, preferendo pure Di Maio senza voti a quelli di Giuseppe Conte. I misteri della politica. Alla fine, è stato il Pd a farsi scaricare anziché decidere della propria sorte.
NULLA PROGRAMMATICO
Letta ha giocato la carta della disperazione e ne esce più disperato di prima. E dovrebbe riflettere sul vuoto programmatico che ha messo in campo in maniera davvero infantile, poco degna di un leader politico che vorrebbe essere tale. In primo luogo, intestarsi l'agenda Draghi ha rappresentato il segnale che non aveva altro da offrire se non politiche decise, nella migliore delle ipotesi, a Bruxelles più che a Roma, ossia nei salotti della grande finanzia più che nei luoghi della socialità dispersa da una sinistra così. Poi, si è messo a recitare il mantra della Costituzione da difendere, dimenticando che il centrosinistra ha tra le sue colpe anche quella di averla modificata a stretta maggioranza e a più riprese. Ora si lamenta? Infine, ma meriterebbe il primo posto nel primato delle sciocchezze, quella pericolosa proposta di patrimoniale - che continua a rivendicare - per una oscura dote ai diciottenni. Anziché la via del lavoro, gli propone la beneficienza. Se questo è un leader... Arriverà al 26 settembre, il giorno dopo la sconfitta, consegnando una letterina di dimissioni al partito. Piangerà qualche beneficiato dalle liste dei prossimi giorni, ma non rimpiangerà nessuno le sue vorticose alleanze condite dal vuoto di contenuti. Rischia di essere piuttosto il responsabile della noia mortale che avvolgerà questa sinistra poco politica e molto politichese.