Il leader di Azione
Carlo Calenda, bomba-Storace: "Con chi ci proverà adesso"
Carlo Calenda è stato "coleader" assieme ad Enrico Letta per una settimanella. Hanno fatto ifront runner della coalizione finta a giorni alterni. Poi, incubi assai brutti hanno svegliato bruscamente il capo di Azione che ha deciso di rompere l'alleanza davanti a Lucia Annunziata, su RaiTre, anche se lo si sapeva dalla sera prima: «Non intendo andare avanti con il Pd. L'ho detto a Franceschini prima di venire qui», ha sussurrato in tv (anche se lo aveva fatto sapere sabato pure a Letta, che forse pensava ad un bluff). Si è portato via il pallone, il gioco non gli piaceva più. Il campo troppo largo è improvvisamente rinviato alle Calende greche. Quella tra Azione e il Pd è stata l'alleanza più breve della storia: un patto di governo, poi uno elettorale, ci manca solo quello psichiatrico. Calenda non ha sopportato - ma davvero non lo sapeva che lì si sarebbe arrivati? - l'alleanza spinta fino a Fratoianni, il "bombardamento dell'agenda Draghi". Quell'agenda che ora diventa carta da coriandoli. A conferma che era solo demagogia evocare ad ogni piè sospinto il nome del premier dimissionario e dimissionato.
CONVIVENZA DIFFICILE
«Sono stato un ingenuo, mi scuso con gli italiani»: ma non si ritira. E da ieri ci si chiede che cosa farà il leader di Azione, che intanto perde per strada Emma Bonino e +Europa: la signora porterà il suo 0,1 al Pd ma con l'esenzione dalla raccolta firme che si dovrà invece sobbarcare Calenda. In una settimana. Il paradosso è che la lista gliela potrà salvare solo Matteo Renzi - che invece l'esenzione ce l'ha - se andranno insieme a vagheggiare il terzo polo, che poi in realtà sarà il quarto se i Cinque stelle non si imbarcheranno nell'Armata Brancaleone di Letta dopo il mea culpa del Nazareno. Un'altra convivenza difficile, tra Calenda e Renzi, ci vorrà una buona dose di nervi freddi dopo le valanghe di insulti fra loro. Ma in fondo anche l'Arabia Saudita ha il suo perché... È anche vero che entrambi sanno che il cosiddetto Terzo polo non beccherà un solo collegio nell'uninominale, larghissima parte di essi sarà destinata al centrodestra. E oggettivamente fa sorridere il verde Angelo Bonelli che rinfaccia a Calenda di aver privilegiato l'interesse di partito in queste condizioni così miserelle. Proprio non si può rimproverare a Carletto un interesse personale, semmai una buona dose di imperizia che in politica è un peccato assai grave. Fanno invece pena Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, che ora esaltano la rottura col Pd dopo aver festeggiato l'accordo di una settimana fa. Ad una coalizione ormai destinata alla vittoria non tireranno fuori un solo voto da Forza Italia verso Azione. Perché votare per chi perde rinunciando a far vincere chi si vota da una vita? Alla fine, i terzopolisti faranno fare brutta figura persino a Mario Draghi, con la loro ridotta percentuale elettorale. Lo sosteneva il 90% del Parlamento, grasso che cola se 7-8 elettori italiani su cento voteranno i partitini che custodiscono la sua "agenda".
TOGLIETEGLI TWITTER
Resta un problema però, anche per l'alleanza con Italia Viva, contumelie a parte. Per trattare con uno come Renzi, Calenda non può permettersi di andarci in ginocchio. E diciamo che in questi giorni dovrà sospendere le sue apparizioni su twitter col ditino incollato al cellulare e tentare di raccogliere quasi sessantamila firme in una settimana, anzi in tre-quattro giorni per far vedere che non è finito. Poi, potrà ricominciare la litania dei posti in lista, magari più sul proporzionale che nei collegi uninominali. Come con Letta, insomma. L'unica certezza è che non si ritroverà Di Maio attorno ai piedi, quella gliela garantirà Renzi che lo sopporta meno di lui. Ecco, anziché contro le destre, sarà lotta dura a Di Maio. Il massimo. A proposito, Letta l'ha presa malissimo, si è sentito turlupinato e ha scatenato la contraerea da tutto il Pd contro il traditore di Azione: fino al 25 settembre, anzi fino al 22 agosto alla presentazione delle liste, i compagni gli diranno ok capo. Poi scaricheranno anche lui. Alla fine della fiera, Calenda telefonerà a Letta e gli proporrà di riprovarci tra cinque anni. Ma quello sarà già tornato a Parigi.