La solita sinistra
Nicola Fratoianni tiene in pugno Enrico Letta? Storace: "Uno spettacolo nauseabondo"
Voleva fare da calamita, sta scatenando una calamità. È Enrico Letta il protagonista del casino prossimo venturo appeso alle decisioni della beata coppia Bonelli-Fratoianni. Che poi Carlo Calenda contesterà su twitter. Ma verdi e sinistra italiana saranno costretti ad accordarsi col Pd, perché le sessantamila firme per presentarsi alle elezioni non le hanno e quindi, obtorto collo e denunciando sottovoce il "ricatto", dovranno abbozzare. Ormai siamo alla riedizione dell'Unione di Romano Prodi - non a caso definito «mio maestro» proprio da Letta - che acciuffò il governo per 24mila voti e dopo due anni andò a casa dopo aver messo assieme tutti i bastian contrari che raccattò. La stessa cosa sta tentando il segretario del Pd, disperato per il voto del 25 settembre. Ora l'asticella è fissata sul Senato, per tentare di agguantare il "pareggio" e non far governare il centrodestra. Grande prospettiva... Ieri sera Bonelli e Fratoianni si sono presentati al gruppo dem della Camera per indicare a Letta i loro «punti irrinunciabili», compresi quelli ecologisti, a partire dal no a quel rigassificatore di Piombino che faceva parte dell'agenda Draghi cara a Calenda. «Agenda impraticabile», hanno detto entrambi a Letta. Con in più, il bottino di collegi che pretendono anche essi dal Nazareno.
CORRENTI INTERNE
Non vinceranno le elezioni anche perché lo spettacolo che a sinistra stanno dando al Paese è davvero nauseabondo. Non sono capaci neppure di vedersi tutti insieme: da una parte si fanno accordi, dall'altra si pretende di rinegoziarli, con una selva di "no" sparati da un alleato all'altro della potenziale intesa. Tanto è vero che dopo l'incontro con il leader del Pd, Bonelli e Fratoianni hanno chiesto altre 48 ore prima di poter pronunciare l'inevitabile sì. Tutti gli "alleati" stanno prendendo per il collo il capo del Nazareno. C'è da immaginare che cosa succederà con le correnti interne. Fuori dalla cerchia Calenda-Letta-estrema sinistra, la commedia Cinque stelle tra passato e presente. Il povero Di Maio ha davanti a sé la prospettiva orrenda di dover cercare lavoro in caso di rifiuto della candidatura nel Pd per non tradire i sessanta parlamentari che lo hanno seguito nella scissione. Ancora ieri lamentava di essere stato punito dall'intesa tra Letta e Calenda contro i collegi «agli ex M5S».
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Ma come, dice, ci trattate come quelli che hanno pugnalato Draghi... E si prendono pure Fratoianni, che la fiducia al premier l'ha sempre negata. Ma la figura di Giggino resta pessima e lo sfotte di brutto il senatore Gasparri di Forza Italia: «Le avevamo viste tutte. Ma quella di uno che fonda un partito e per paura di non essere eletto si candida in un altro ci mancava». Della serie, rincara Gasparri, «metto in mare un gommone, lo vedo sgonfio, abbandono i naviganti del gommone con ben impresso il mio nome sulla fiancata e salgo a bordo di una barchetta un po' più confortevole. Siamo all'incredibile». Dal canto suo, Giuseppe Conte tenta di aprirsi spiragli a sinistra, rimprovera proprio Fratoianni - che pure dice di stimare - di usarlo per trattare con il Pd e strizza l'occhio a De Magistris che presenta la neonata Unione popolare. In realtà, in quello che doveva essere il cosiddetto "campo largo" si sta rivelando un'ammucchiata solo "contro" il centrodestra e senza M5S. Dice un abituale frequentatore del Nazareno: ma non vinciamo neppure se manomettiamo la Var..
IL DATO POLITICO
Insomma, è uno spettacolo bellissimo, e come dice ruvidamente il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, «il dato politico di questa campagna elettorale è che a sinistra si stanno tutti sul c...». E chissà se ieri sera Letta - che accusa di Putinismo chiunque lo contraddica - ha avuto modo di chiedere conto a Fratoianni di quel suo no persino all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Glielo ha rinfacciato Luciano Nobili di Italia Viva, ma interrogato il morto non risponde...