Il retroscena
Renato Brunetta, a cosa mira davvero: l'indiscrezione che seppellisce l'ex FI
Non più Forza Italia e Silvio Berlusconi, ma Mario Draghi e l'unione dei repubblicani. E poi basta coni timori reverenziali per le invettive nei suoi confronti, come «tappo» e «nano». Perché se finiscono i grandi amori, e quello fra il leader azzurro e il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, è già stato archiviato, possono pure passare in secondo piano le offese sulla statura dell'ex azzurro. «È una vita che vengo violentato per la mia altezza», spiega il titolare del dicastero, ospite di Mezz'Ora in Più, il programma di Rai Tre condotto da Lucia Annunziata, «Ecco: sdogano su di me questo termine («nano», «tappo», ndr). Non mi era mai riuscito parlarne in pubblico, adesso ne parlo». E non è un fatto da poco, trattandosi della replica all'affondo, nei suoi confronti, partito da Marta Fascina, alla quale Brunetta dice pure «grazie», avendo sdoganato il termine. «Vai avanti così, perché consentirai di sdoganare anche queste violenze», dice il ministro.
ALTA TENSIONE - Ma la domenica del villaggio televisivo, per Brunetta, non è solo l'occasione per lo sfogo personale, non troppo lontano dal regolamento di conti a lungo atteso. Con la campagna elettorale già partita, c'è da alzare le vele. Nei piani del ministro, non senza una certa ambizione, c'è l'idea di dar vita ad un'unione, un rassemblement, di stampo repubblicano, «per tutti quelli che hanno sostenuto l'agenda Draghi», con un programma comune che guardi all'Europa e al Pnrr. In pratica un partito «che salvi il Paese», avendo in Draghi il punto di riferimento e in Enrico Letta lo snodo centrale.
E vista la rottura con Fi, «la decisione di non votare la fiducia al governo è stata un atto d'irresponsabilità» e un «tradimento degli elettori», l'alternativa sul tavolo resta quella di un'unione di «liberi e forti che salvi, dice Brunetta citando don Sturzo, con lo sguardo rivolto a sinistra. E da quella parte i possibili interlocutori, Letta a parte, sono i soliti noti: Carlo Calenda, Matteo Renzi, Giovanni Toti, Più Europa, Emma Bonino, Enrico Letta, il suo «amico» Roberto Speranza. E poi tutta la sinistra, «anche Luigi Di Maio, che è stato un ministro degli Esteri bravissimo».
«Con la Gelmini mi sento spesso, ma poi deciderà lei che fare. Con Brunetta ho meno consuetudine», spiega il leader di Azione, Carlo Calenda, ospite di In Onda, su La7, «ma con la Gelmini e la Carfagna mi parlo spesso». E già questa è una bella traccia. Più che un campo largo, un fronte allargato, una tavola imbandita, ma con poche pietanze. Anche se tutti guardano al centro, questo resta politicamente inesistente. Sicuramente inconsistente.
Lo stesso appello ai liberi e forti, scritto grazie all'ispirazione di don Luigi Sturzo, conteneva i caratteri fondamentali di quello che sarà poi definito popolarismo, una sorta di trasposizione in politica dei caratteri sociali ed etici della dottrina sociale della Chiesa cattolica, quello si pone un obiettivo molto più laico. «Ho ancora il gusto buono in bocca del governo Draghi», sostiene l'ex esponente di Fi, per questo «sto lavorando a un progetto, che parte dall'agenda Draghi. Il mio sogno è avere una unione repubblicana, che prenda l'agenda dell'attuale premier come base e metta insieme tutte le anime che si riconoscono nell'europeismo, nell'atlantismo», sostiene Brunetta. Insomma, costruiamo qualcosa dal sapore popolare, ma con un chiaro riferimento elettorale. Resta da capire chi accetterà l'invito a salire a bordo, dato che dal Pd non tutti sembrano esser pronti ad aprire la porta a Brunetta. «Il gruppo dirigente nazionale del Pd dice una cosa molto giusta. Proposte concrete, innanzitutto su sociale e ambiente, attenzione ai contenuti etc. Parliamo di questo, non di altro. È la strada maestra. Poi però se ti imbarchi Brunetta e altro, quella strada la uccidi», scrive su Twitter l'europarlamentare dem Pierfrancesco Majorino. E quel che scrive sui social l'esponente piddino sono in molti a pensarlo, anche fra i dirigenti del Nazareno.
Ma per un esponente del Pd che solleva dubbi, ci sono altre figure di primo piano pronte a sostenere Brunetta. «Per me sei un gigante. Quando siamo d'accordo ma anche e soprattutto quando non lo siamo. Perché il rispetto per le persone e la loro storia è la cosa più importante», sostiene sui social il presidente della Regione Liguria, e leader di Italia al Centro, Giovanni Toti, aprendo una sorta di linea di credito con il ministro della Pubblica amministrazione. E altrettanto fanno Osvaldo Napoli, di Azione, e Michele Anzaldi, di Italia Viva.
Se questo, poi, sia l'anticamera di accordi elettorali, lo scopriremo solo vivendo.
SOVRAPPOSIZIONE - Certo è che il rassemblement repubblicano, sulla carta, si sovrappone a quelli di Renzi e di Calenda e i matrimoni, in campagna elettorale, non sono scontati. Anzi. «Le alleanze non si fanno sulla base della simpatia ma di idee chiare, forti e condivise», dice Renzi, «speriamo di poter allargare il cerchio, ma siamo pronti ad andare a votare con il nostro simbolo». Anche Calenda è al lavoro sui compagni di viaggio: il nostro programma «è rivolto a tutte le forze politiche (e personalità) democratiche e europeiste, che non hanno fatto cadere Draghi», scrive su Twitter, «siamo aperti a discuterne con tutti», In attesa di accordi e disaccordi, di centri pieni, ma vuoti elettoralmente, una certezza c'è: i delusi da Berlusconi ora hanno un punto di riferimento. «Ventotto anni in Forza Italia sono tanti», dice Brunetta, ma con Silvio «si è rotto qualcosa, come gli amori, quando si rompe qualcosa non si ricuce più. Io voglio bene a Berlusconi, ma subire invettive personali come "Riposi in pace" ... io gli auguro lunga vita».