Disastro

M5s, il capolavoro: ecco come aprire una crisi e poi restare stecchiti

Francesco Storace

Pare la mesta fine di Giuseppe Conte, questo mercoledì che ha salutato la conclusione del governo del suo nemico, Mario Draghi. Potrebbe anche esultare di soddisfazione, ma è un film che non si conclude per "merito" suo, al massimo può rivendicare il ciak da cui è partita comunque la slavina. Con un paradosso: niente sfiducia al premier, salito però al Colle per dimettersi. La crisi più pazza del mondo. Altro sorriso forzato glielo dà l'assenza della seconda corposa scissione che doveva subire alla Camera. Ma il governo Draghi a Montecitorio nemmeno ci arriva, andandosene prima. Gli resta da guardare Luigi Di Maio da lontano e già sapere che fatica dovrà fare per rimediare un seggio parlamentare... Anche qui un minimo segno di soddisfazione, toccherà a Conte fare le liste del Movimento e potrebbe anche prendersi una vendetta: fregarsene della regola del doppio mandato e fare come la Caritas, promettendo a tutti di sfamarli con un seggio (transfughi compresi).

 

 

 

ODI E VENDETTE

Poi, i dolori veri. Conte ha sofferto molto l'uscita da Palazzo Chigi, considerando il suo successore alla pari di un usurpatore. Ma odia troppa gente. Renzi, che lo mise all'angolo nel suo secondo governo. La ricerca dei responsabili lo ridicolizzò e quell'onta non l'ha mai mandata giù. Così come non la perdonerà mai a Luigi Di Maio, autore di un vero e proprio golpe sfilandogli sessanta parlamentari in una notte. In combutta con Draghi, rumina l'ex premier. Non ha rappresentato neppure un modello di coerenza il suo doppio governo, il primo e il suo opposto. I Cinque stelle erano quelli che non dovevano allearsi con nessuno, l'ambizione di Giuseppi - come lo appellò Donald Trump - li ha portati ad allearsi con chiunque. Ma vivere di rancore non è la migliore scelta che possa fare un leader politico. Soprattutto quando hai rivestito i panni del premier. Il livore acceca, ti fa sbagliare il messaggio, ti porta fuori strada. La crisi voluta dai Cinque stelle è passata come motivata dal termovalorizzatore di Roma. Eppure nella Capitale ci vive anche lui. Incomprensibile. Quella montagna di rifiuti potrebbe diventare il nuovo simbolo dei Cinque stelle anche se Roma la governa Gualtieri. Ma dov' è franata la capacità di leadership di Conte lo ha dimostrato il conclave continuo del Movimento dopo lo strappo con Draghi. Un turbinio di riunioni, urla, dissidenti, falchi, colombe. E nemmeno la forza di far dimettere i ministri del governo a cui aveva negato la fiducia. E ora si dovrà guardare da Alessandro Di Battista e Virginia Raggi. Per recuperare consensi all'opposizione non basta la pochette. Chissà se riuscirà a reggere il bastone del comando all'interno dei Cinque stelle. Fino alla suspence sul voto d'aula di ieri sera, mentre Enrico Letta lo supplicava di non replicare la non partecipazione al voto della settimana precedente. I cronisti hanno saputo della posizione pentastellata solo dall'ultimo intervento, quello della capogruppo al Senato Castellone. Quasi di nascosto fino alla dichiarazione di voto, l'ultima...

 

 

 

ARRIVANO LE PERNACCHIE

Conte è riuscito a far naufragare ogni ipotesi di "campo largo", come sperava a mani giunte il segretario del Pd. E sa bene che anche se dovessero allearsi in elezioni anticipate, sarebbero presi a pernacchie da milioni di elettori ed elettrici. Perché forse è arrivato davvero il momento della serietà in politica. Il casino provocato dai 5stelle è stato inenarrabile e anche se Letta volesse riconquistarli alla causa, largo nessuno dimenticherà quello che hanno combinato fino alle ultime ore. Certo, Draghi poteva risparmiarsele quelle bastonate verbali verso i Cinque stelle persino sui loro simboli politici, il superbonus, il salario minimo, il reddito di cittadinanza. E ancora una volta ha fatto disertare la fiducia al governo. Ma stavolta senza protagonismo: perché anche il centrodestra lo aveva già deciso, anch' esso di fronte alla scelta irridente del premier di non spiaccicare una sola parola sulla proposta di nuovo governo. Quindi, sostanzialmente ininfluente: poteva riemergere solo in un'ipotesi di governo Draghi-Ciampolillo, tanto per ricordargli la vana ricerca di consensi in Parlamento. Insomma Conte ha scosso l'albero, mai frutti li raccoglieranno altri.