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Verona, il Pd dà la caccia al "capofamiglia". Attacco a FdI e Lega, ma la scelta è dello spedizionere

Francesco Storace
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Se in una famiglia di Verona ci sono padre, madre e sei figli maggiorenni, il sindaco Federico Sboarina deve spedire otto lettere se vuole ottenere i loro voti domenica prossima. È in pratica la pretesa della sinistra della città - e non solo visto che arrivano alti lai persino da Monica Cirinnà - di fronte all'iniziativa della Lega che ha scritto ai veronesi, osando indirizzare la richiesta di consenso ai "capifamiglia". Che poi esistono pure norme sui limiti di spesa elettorale, non è che puoi scrivere a ogni singolo cittadino dilapidando un patrimonio economico. Gli ululanti rossi si sono messi in coro hanno protestato in maniera vibrante, come fanno sempre alla vigilia di ogni sconfitta. Al massimo potranno racimolare qualche comparsata all'Arena. Approfittando della presenza contemporanea di oggi a Verona di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, hanno organizzato la messinscena, vuoi mettere la visibilità a costo zero?

Quelli di genitore 1 e genitore 2 non cambiano mai. Il voto è mio e lo gestisco io. Ma non si sono resi conto che non c'era proprio nessuno a pretendere di conculcare le determinazioni dei singoli membri delle famiglie di Verona. Perché è anche ovvio - e non è neppure una bestemmia - che ci sia un recapito a cui inviare una busta con materiale elettorale.

 

 

LA DEFINIZIONE - "Alla cortese attenzione dei capifamiglia", aveva stampigliato su ogni busta la società incaricata della spedizione. Dicono che faccia così anche l'Istat. Chi volesse avere l'amabilità di cercare sul web troverebbe diverse volte la parola capifamiglia accanto all'istituto centrale di statistica anche in epoche recenti. Ma lorcompagni si sono fermati alla lettura distratta della corrispondenza pro Sboarina. E hanno fatto male, malissimo. Se avessero aperto delicatamente la busta si sarebbero dovuti accorgere persino che la Lega si era rivolta all'elettorato scaligero in questa maniera: "Cara veronese, caro veronese...", anteponendo - sissignori - le donne agli uomini. Ma senza ribellioni in casa... Di lettere del genere ne arrivano a iosa e non solo nelle campagne elettorali, ma solo alla vigilia del voto si aizza una cagnara che provoca solo incredulità negli occhi.

 

 

Proprio la Cirinnà dovrà riscrivere il suo tweet di ferma e democratica protesta sul nulla. Anziché "il voto" stavolta dovrà ammettere boldrinianamente che è la Lega a chiedere "la vota", se il suo criterio di lettura della propaganda elettorale è quello. Oppure ammettere il grossolano errore commesso nell'attaccare i leghisti di Verona. Ma va detto che non è stata solo lei a cascarci. Le fanno compagnia diverse altre parlamentari scatenate non a caso dalla segreteria del Pd nell'ordalia comunicativa legata al gran caldo piombato in tutta Italia.Ormai siamo davvero alla cultura dell'asterisco che serve a mischiare i generi e non ci si rende più conto, semmai, che dalla politica ci si attende altro che non una polemica abbastanza patetica.

ANACRONISTICI - Probabilmente l'ordine di partire all'offensiva contro il nemico veniva direttamente da uno specialista nelle battaglie anacronistiche, si chiama Enrico Letta. O Letto? Diciamo la verità. La sinistra è partita all'attacco abolendo a suon di dichiarazioni bellicose una figura che nella legge non esiste più dal 1975, con la riforma del diritto di famiglia. Ma quella spedita a casa dei veronesi era solo una busta, non una rivoluzione, né un impegno programmatico. "Altro che la manifestazione evidente dell'idea di società di Sboarina e soci..." (sempre Cirinnà). Che nostalgia per Giulietta e Romeo... 

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