Nel mirino

Giuseppe Conte, le menzogne sugli incontri tra 007 italiani e Usa: le prove del Russiagate

Salvatore Dama

Due schiaffi, nello stesso giorno, dai principali quotidiani italiani. No, non è un bel risveglio quello di Giuseppe Conte, che ieri si è visto, involontariamente, protagonista della rassegna stampa mattutina. Tornano in prima pagina due fatti del passato recente. Il primo riguarda il viaggio dei russi in Italia, in quella che doveva essere una missione umanitaria per aiutare un paese in difficoltà, il nostro, nella gestione della prima ondata del Covid. Viene fuori che, con l'avallo dell'allora presidente del Consiglio, quelle sospettate di essere spie ebbero il permesso del governo di entrare nelle strutture per "bonificare", ottenendo anche il rimborso della nafta per l'aereo. Questa è una. E la scrive il Corriere.

L'altra, riportata da Repubblica, riguarda l'incontro tra gli 007 americani e quelli italiani. Giugno 2019. Un favore, è la tesi del quotidiano, fatto a Donald Trump per ottenere il sostegno di Washington al suo governo pericolante. In effetti poco dopo The Donald pubblicò un tweet zuccheroso per tessere le lodi di "Giuseppi" (lo chiamò così). Di lì a poco l'esecutivo guidato dall'avvocato "del popolo" cadde lo stesso, ma tornò in sella con una nuova maggioranza giallorossa, senza la Lega e con il Pd .

 

 

LA REGIA POLITICA - Il leader del M5s nega tutto. Eppure gli viene attribuita una regia politica dietro l'incontro riservato tra i servizi americani e italiani.
Con l'obiettivo di inguaiare Matteo Renzi, che era stato indicato come l'autore del "Russiagate", ovvero del tentativo di influenzare le elezioni americane del 2016 a vantaggio di Hillary Clinton, allora avversaria di Donald Trump. Nell'articolo viene riportata una cena (fatto inedito) a cui avrebbero preso parte nell'estate 2019 anche il direttore del Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza Gennaro Vecchione e il segretario per la Giustizia americano dell'amministrazione Trump Bill Barr.

Renzi grida allo scandalo: «Ci sono dei buchi neri nella ricostruzione di Conte sulla strana vicenda dell'agosto-settembre 2019», scrive nella sua Enews. «Ho chiesto chiarezza all'intelligence italiana. E non lo faccio per me, ma per il decoro delle istituzioni italiane» aggiunge. Insomma: da un lato emerge l'intendenza con la controversa amministrazione Trump; dall'altro un rapporto di subalternità con Vladimir Putin. Ieri sono sbucate fuori da un cassetto le mail inviate dall'ambasciata russa alla Farnesina. Da cui si capisce che il governo contiano - contrariamente a quanto sostenuto dal diretto interessato in passato - aveva autorizzato le "brigate mediche" putiniane a operare nelle strutture italiane, accettando anche di sostenere tutte le spese per l'arrivo di centotrenta persone.

 

 

LA DIFESA - Tutte balle, «sono state scritte infamità», si difende Conte: «Non ho mai personalmente incontrato l'allora Attorney General degli Stati Uniti, Bill Barr, nel corso delle sue visite in Italia, né nel corso di incontri formali né nel corso di incontri conviviali». Collegare la richiesta di informazioni di Barr alla vicenda della formazione del Governo Conte II è «una illazione in malafede», visto che la richiesta di Barr risale al giugno 2019, mentre «la crisi del governo Conte I risale all'8 agosto 2019», ricostruisce il leader dei grillini. Anche il famoso tweet del presidente Donald Trump, del 27 agosto 2019, che espresse «apprezzamento per il mio operato come premier», non ha alcun collegamento con questa vicenda, «considerato che la richiesta di Barr risale al giugno precedente e che questa richiesta e i suoi contenuti non sono mai stato oggetto di scambi o confronti tra me e l'allora presidente Trump».