sentiero stretto

Mario Draghi, "l'ultima carta è Berlusconi": dalle sacre stanze un retroscena impensabile

Fausto Carioti

Il ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi dovrebbe servire innanzitutto a Forza Italia, che dopo 28 anni appare ancora, nel bene e nel male, tutt' uno col proprio fondatore.
Il centrodestra stesso se ne dovrebbe giovare: l'unico in grado di pescare voti al centro, contendendoli a Carlo Calenda, a Matteo Renzi e forse anche al Pd (mentre Fdi e Lega se li sottraggono a vicenda), per metterli a disposizione della causa comune, è l'ottuagenario azzurro. C'è un terzo soggetto che ha da guadagnare dalla ricomparsa di Berlusconi, ed è Mario Draghi: a patto, s' intende, che voglia restare a palazzo Chigi sino al termine della legislatura e sia disposto a cedere qualcosa. Draghi ha rapporti buoni, in certi casi ottimi, con tutti i ministri, inclusi quelli politici, ma il feeling con i leader dei partiti che sostengono il governo è scarso. Le relazioni peggiori le ha con Giuseppe Conte, e qualche tacca più in alto si collocano quelle con Matteo Salvini. A seguire gli altri. Con Berlusconi si è sempre inteso abbastanza bene, ma il modo in cui l'ex banchiere ha scelto i forzisti che dovevano far parte dell'esecutivo, preferendo le indicazioni di Gianni Letta a quelle del Cavaliere ed escludendo Antonio Tajani dalla lista dei ministri, ha lasciato il segno. C'è qualcosa da ricucire, insomma, e se Draghi vuole farlo, l'occasione è questa.

 

 


DI NUOVO CENTRALE
In un momento in cui la Lega scende nei sondaggi e Fdi è all'opposizione, Berlusconi sa di poter essere centrale e non intende sprecare l'opportunità. I due si sono parlati l'ultima volta sabato 2 aprile. «Un colloquio cordiale, ma schietto», raccontano ad Arcore. Ha confermato a Draghi il suo sostegno, ma gli ha messo in chiaro che «non possiamo rinunciare a fare politica, tantomeno a un anno dalle elezioni». In pratica, significa due cose. La prima è che Forza Italia non accetterà nessuna nuova tassa sulla casa. Nemmeno se eventuale e posticipata al 2026: nulla di nulla. Il secondo vincolo riguarda la riforma della giustizia: Forza Italia non voterà mai un testo modellato secondo i desideri di grillini e piddini. Ma mentre qui qualche passo avanti è stato fatto e il meccanismo per eleggere i membri del Csm, su cui pare essersi impuntata la Lega, è difficile da spiegare agli italiani (e la chiarezza del messaggio è sempre la prima cosa che Berlusconi valuta), sugli estimi catastali è tutto fermo, e gli elettori sanno benissimo cosa sono le imposte sulla casa.

 

 


L'idea di un governo senza la Lega non spaventa il premier, il quale è convinto che, se Salvini strappasse, dovrebbe renderne conto a un'ampia area del partito, dove Giancarlo Giorgetti, i governatori e il capogruppo Riccardo Molinari, tra gli altri, sono convinti che le loro battaglie debbano essere combattute dentro all'esecutivo, non fuori. È un giudizio che Draghi condivide con Sergio Mattarella. Chi ha parlato col presidente della repubblica lo descrive «moderatamente preoccupato»: non perché creda che ci sia qualcuno intenzionato a uscire dal governo, ma perché, con la campagna elettorale già iniziata e tutti i partiti impegnati a mostrare i muscoli, il rischio di un incidente di voto in parlamento è alto. E una volta rotto il vaso, ricomporre i cocci sarebbe impossibile. Il problema, per Draghi, è che il capo della Lega e quello di Forza Italia si muovono insieme. La frase che il Cavaliere, nel giorno del "non matrimonio", ha dedicato all'ospite («è l'unico leader che c'è in Italia») non era detta per compiacerlo. Oggi, ogni tentativo di dividerli è destinato a fallire. È il senso dell'avvertimento che Salvini ha spedito ieri a Draghi, quando ha detto che «Berlusconi è un amico. Concordiamo sostanzialmente su tutto». Gli uomini del Cavaliere confermano: se la Lega uscisse dal governo, loro non potrebbero restare, anche se i ministri azzurri la pensano diversamente, perché dal punto di vista elettorale sarebbe «un suicidio». E se Draghi può permettersi (forse) di perdere la Lega, non può fare lo stesso con Forza Italia.

 


LA RICHIESTA
Dunque, visto che non riesce a ragionare con Salvini, è con Berlusconi che deve farlo. Cosa vuole il Cavaliere? Quantomeno che scompaia dalla riforma del fisco il passaggio che impegna il governo, entro il primo gennaio 2026, ad attribuire a ciascun immobile, «oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato». Ovvero il presupposto dell'innalzamento degli estimi, e quindi dell'aumento delle imposte. Questa norma deve saltare. E se Draghi vuole mettere la fiducia gli conviene farlo sulle altre parti del testo, non su questa, perché il centrodestra comunque non la voterà. Altrimenti il premier avrà il compito di spiegare perché, in un momento simile, ha deciso di sfidare chi lo sorregge, su un tema che nulla ha a che vedere con la guerra in Ucraina e la ripresa dopo la pandemia. Non si esclude, nelle prossime ore, una nuova telefonata tra Berlusconi e Draghi. Presto, in ogni caso, si capirà se quest' ultimo vuole continuare a governare, oppure aspetta l'occasione per scappare da palazzo Chigi.