Cottarelli: " Se la guerra non finisce, torniamo in recessione"
“Economia di guerra”. Ad evocarla, il fiato di qualsiasi patriota si strozza in gola, i battiti scendono come il prodotto interno lordo, e si prospetta l’apocalisse delle code al Bancomat e delle file per il pane. La guerra d’Ucraina sconvolge i piani industriali e la coscienza dei popoli; ma Carlo Cottarelli, insigne economista, direttore dell’Osservatorio sui Conti pubblici –anch’egli patriota- riporta noi apocalittici ad ancorare i piedi nella realtà”.
Professor Cottarelli. L’influenza della crisi ucraina sulla nostra economia è una strana cosa. C’è chi parla di mercato che regge, di un buon Pil al +6,2% , di un indice della Pmi al 62 (che ci conferma la prima azienda manifatturiera d’Europa); e c’è chi afferma che siamo sull’orlo dell’abisso per gli aumenti spropositati dell’energia. Qual è la verità?
“Il destino dell’economia italiana dipende da quanto dura la guerra. Per quest’anno non scenderemo come Pil, abbiamo accumulato un + 2,4% grazie alla crescita, e non avremo certo un segno negativo davanti; non scenderemo più del +0,7%/0,9%.
Cioè abbiamo un piccolo tesoretto…
“Sì, ma tenga conto che, in Italia, appena sappiamo di avere un tesoretto, ci diamo da fare per sprecarlo. E, sì, più in là, ci potrebbe essere un calo del Pil. Dovesse prolungarsi il conflitto con l’aumento delle materie prime, allora lì arriverebbe la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, e i problemi. Anche se – diciamo- la fase del grande rimbalzo è finita; e senza guerra torneremo al livello del Pil 2019. La variabile, poi, sta, come al solito, nell’incertezza”
In sintesi. Ci dovremmo preoccupare di un’implosione del mercato (in Russia il rublo scende in picchiata, la Borsa è chiusa da giorni, i prezzi s’impennano e questo non fa bene a nessuno)?
“Dipende”
Dipende da cosa? Dalla lucida follia alla Riccardo III° di Putin, solitario nel sangue della battaglia di Bosworth?
“Non caliamoci nel melodramma, la prego. Dipende se negli scenari futuri c’è la recessione o no. Le nostre banche, pur colpite, pare che ora riescano a sopportare lo stress, in uno scenario senza recessione. Ovvio che, se ci fosse la recessione sarebbe diverso: si paventerebbe la stagnazione, la stagflazione (la situazione di un’economia che soffre contemporaneamente di un’elevata inflazione e di una crescita bassa o nulla del prodotto ndr), ecc. Spero di no. Ma d’altronde, la crisi dell’energia, lo choc, è come ci avesse portato una tassa aggiuntiva di 70/80 miliardi per l’aumento pazzesco dell’energia. Lo Stato ci sta mettendo 6 miliardi a trimestre, per parare il colpo, e può anche arrivare oltre. Ma non serve drammatizzare”
Perché “non drammatizzare”? Non sono forse pericolose tutte queste sanzioni economiche, anche per il mercato italiano?
“Guardi, analizziamo con calma. Primo. Il blocco dello Swift, il sistema dei pagamenti da e verso le banche russe, evidentemente funziona e sta affossando l’economia russa. E le sanzioni sono state strutturate per non farci troppo del male, infatti non toccano l’import/export del gas. Secondo. L’export nostro in Russia è solo dell’1,5% e tocca soltanto alcuni settori come quello della moda, che deve essere aiutato. Terzo. Sulle banche, in fondo, non c’è grande agitazione. I tassi d’interesse sono controllati dalla Bce, e si percepisce che, all’occorrenza, la Banca Centrale Europea aprirà i cordoni della borsa.
Però la Fed americana ha confermato l’intenzione di rialzare i tassi.
“E’ un caso diverso: l’economia Usa è meno colpita della nostra, il gas gli costa poco, loro se lo producono da soli”
Mentre noi corriamo sempre il rischio che Putin s’incavoli, e chiuda il rubinetto del gas.
“Ecco. Il vero problema è se ci fossero, appunto, delle ritorsioni. Se Putin decide di chiuderci i rubinetti; dalla Russia noi importiamo il 40% del nostro fabbisogno di gas, 30 miliardi di metricubi su 73”
Per l’appunto. Lei non pensa che anche noi dovremmo estrarcelo da soli nella nostra fetta di Mediterraneo (si stimano 350 miliardi di metricubi di gas naturale in acque territoriali italiane); o che dovremmo riaprire le centrali a carbone –come paventa Draghi- ; o che dovremmo costruire quelle nucleari, per ottenere la benedetta “autonomia energetica”?
“Riaccendere le centrali al carbone è solo una misura di emergenza, che può sostituire il gas solo nella misura del 10%. E stiamo studiando una forma di nucleare pulito, la soluzione ottimale. Ma le misure energetiche, compresa l’estrazione autonoma del gas, sono una questione di medio e lungo termine. Ma il vero nodo, qui, è l’eterno scetticismo italiano; non vanno bene le centrali nucleari ma intanto ci riforniamo da quelle francesi a due passi; e non va bene il Tap per il gas (infatti poi s’è visto, se non l’avessimo avuto… ndr); e non stanno bene neanche le pale eoliche che sono dei brutti mulino a vento; non funzionano nemmeno i pannelli fotovoltaici che rovinano il paesaggio, e io li metterei sui palazzi della Politica ma lì interverrebbero le Belle Arti. E tutto così…”
E se scegliessimo il gas algerino? O il gas liquefatto americano?
“Anche se importassimo il gas liquido dall’America, dovremmo pagare i costosi impianti di rigassificazione. La soluzione, in realtà, è differenziare. Noi economisti diciamo “don’t put your eggs in the one basket”, non mettere tutto nello stesso cestino. Ma per questo saranno importanti le elezioni del 2023: la gente dovrà indirettamente dettare la linea, sia sull’energia che sul Pnnr”
Com’è davvero la situazione economica in Russia?
“In Russia ci sono l’inflazione galoppante, il rublo al minimo, la Borsa chiusa da giorni, come diceva lei. Le sanzioni sono feroci, e anche se posso essere strumento di negoziazione, dubito possano far cambiare idea a un dittatore. Guardi in Venezuela o in Iran: ce la hanno, le sanzioni, le soffrono, ma non hanno cambiato regime. D’altronde l’alternativa contro Putin era la forza, e la terza guerra mondiale”
Anche lei è della scuola di pensiero che, intanto che persiste questa situazione; e finché ce lo consente il tempo meteorologico; e mentre cerchiamo nuove fonti approvvigionamento, sia meglio, limitare il consumo di gas?
“Ma certo. Anzi, grazie per avermelo ricordato (il prof si alza, e diligentemente smorza il calorifero, ndr). Certo che serve, come spegnere le luci. Dovremmo farlo in automatico. Come lasciare l’auto e andare a piedi, invece poi di spendere soldi in palestra. Mi ricordo le domeniche a piedi negli anni 70, lì ci fu un vero embargo; però in fondo servirono per impostare una mentalità sulla riduzione del consumo d’energia per unità di Pil, che vige tuttora”
E la Cina, in tutto questo?
“La Cina beneficerà di tutto questo, specie se il gas di Putin sarà deviato dalla sua parte. I Cinesi sono quelli usciti meglio dal Covid, salvo che nel settore dell’edilizia dove hanno qualche problema”
La guerra ha anche bloccato, a livello europeo, la revisione delle regole del Patto di Stabilità. Che conseguenze ci saranno?
“Questa storia del cambiamento delle regole del Patto di Stabilità è troppo enfatizzata, perché la nostra mentalità è molto giuridica. Quel che conta davvero sono in realtà i mercati. Se la Bce decide di continuare ad acquistare i nostri titoli non abbiamo problemi. I problemi li abbiamo nel momento in cui, per motivi vari dall’inflazione in su, la Bce decide di sospenderne l’acquisto. Il resto è materiale per un bel dibattito, nulla più…”