Chi tira la corda
Mario Draghi, il retroscena: "Mai visto così infuriato", perché il governo rischia davvero
La reazione stizzita di Mario Draghi alle liti nella maggioranza sul decreto Milleproroghe hanno fatto saltare tutti sulla sedia. Probabilmente nessuno si sarebbe aspettato un tono così duro:"Senza voti non si va avanti", avrebbe detto il premier. E anche: "Se volete perdere tempo, trovate un altro governo". Una reazione, quella dell'ex banchiere, che ha sorpreso un po' tutti. Pure Marcello Sorgi, che su La Stampa scrive: "Mai visto Draghi così infuriato. E soprattutto, per la prima volta, pronto a dimettersi, se il governo non sarà rimesso in condizione di lavorare seriamente".
La strigliata di Draghi nasce dal fatto che in ben quattro votazioni, nella notte tra mercoledì e giovedì, il governo sia andato sotto alla Camera. "La più indicativa riguardava il tetto per l’uso dei contanti, riportato a duemila euro grazie al voto unitario del centrodestra", spiega l'editorialista del quotidiano piemontese. Aggiungendo però che quella guidata da Salvini non è stata l'unica coalizione a ricomporsi proprio in vista di queste votazioni: "Altrettanto hanno fatto i giallorossi con l’aiuto intermittente di Italia viva, mentre le votazioni andavano avanti senza che nessuno cercasse di riorganizzare la larga maggioranza che dovrebbe sorreggere l’esecutivo".
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Secondo Sorgi, comunque, ci sono anche altri "indizi del malessere che sta paralizzando il governo". Tra questi ci sarebbero la riforma sulla giustizia, il provvedimento sulla concorrenza - che tocca anche la delicata questione delle concessioni balneari -, e la riforma fiscale. "Stiamo parlando di tre delle riforme più attese dalla Commissione europea come prova della capacità del Paese di adeguarsi al cambiamento considerato presupposto del Pnrr", spiega il giornalista. Secondo quest'ultimo, però, il richiamo all'ordine di Draghi rimarrà inascoltato: "Per capirlo, era sufficiente osservare l’atteggiamento dei capigruppo, che hanno ascoltato in silenzio il rabbuffo del presidente del consiglio e un minuto dopo sono andati alla Camera a mormorare ai loro parlamentari che è lui che deve cambiare atteggiamento, altrimenti loro non sono in grado di garantire un bel niente".
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