Unire i puntini

Giorgia Meloni e Carlo Nordio, quando è scattata la "scintilla": la leader Fdi e l'ex toga, ciò che non sapevate

Antonio Rapisarda

La forza «di incidere», non «di decidere». Lo spread fra il peso specifico dei suoi grandi elettori frutto delle Politiche del 2018, circa il 6% dell'emiclo, e l'attuale rilevanza di FdI - ossia una forza che si aggira fra il 18 e il 20% - delimita un perimetro d'azione preciso per Giorgia Meloni in questo «appuntamento con la storia» che è l'elezione del successore di Sergio Mattarella. Una condizione non dissimile, in proporzione, da quella che coinvolge a suo avviso tutta la coalizione: «Il centrodestra da solo non ha i numeri per eleggere il capo dello Stato ma se rimane compatto può sicuramente condurre la partita». Così la leader dei conservatori si è rivolta ieri alla "testuggine" (63 elettori) della sua delegazione a poche ore dalla prima chiama.

 

 

Un esordio che si è tradotto nel segnale di unità della coalizione, che ha votato ieri compattemente scheda bianca, ma che per ciò che riguarda l'orizzonte di interesse di chi guida l'opposizione avrà la cartina di tornasole con la presentazione della rosa dei nomi per il Colle: è lì che sarà possibile stanare la reale volontà del centrosinistra di trovare un'ampia convergenza su una figura «patriottica e di garanzia». È anche questo il motivo per cui, a sorpresa, è stato messo ieri ufficialmente sul piatto dei quirinabili - indicato proprio da FdI - l'ex procuratore Carlo Nordio. «Non è una figura legata al centrodestra e il suo spessore è fuori discussione», spiegano da via della Scrofa. Un modo per chiarire che la rosa di nomi a cui la coalizione sta lavorando - oltre ai vari Pera, Moratti, Casellati, Tremonti e Frattini - comprenderà anche figure su cui sarà difficile che Letta & co «possano muovere obiezioni». Per il resto, l'ex ministro della Gioventù ha scelto un profilo basso. Qualcuno fra i suoi la mette giù così: «Se la trattativa in corso si fa sul governo più che sul Colle la cosa ovviamente non ci riguarda».

Sotto la lente di ingrandimento l'attivismo di Matteo Salvini: ieri mattina a colloquio con il premier e poi con i leader di Pd e 5 Stelle. Una girandola di incontri che ha suscitato un accenno di tensione e una domanda scontata: «A nome di chi e per cosa sta trattando?». La risposta dal gruppo dei meloniani è secca: «Dipende da ciò che ha detto...». Anche per questo motivo, fanno capire a Libero, l'incontro pomeridiano del Capitano con Giorgia è stato «utile»: non solo per la messa a punto della lista ma anche per stemperare gli animi (la stessa ufficializzazione di Nordio - che ha firmato i referendum sulla giustizia - sarebbe parte della contromossa meloniana). Non a caso il commento sull'incontro fra Salvini e Letta da parte della leader è stato laconico: «È normale che ci si parli in questo momento». Ancora più indicativa, però, la risposta alla domanda se anche lei vedrà il premier: «No, non ho in programma appuntamenti».

 

 

Perché è sul destino di Draghi, è chiaro, che continua a girare la ruota. Argomento su cui la versione della Meloni sta nelle parole che ha affidato alla sua delegazione: «La candidatura di Draghi è un problema della maggioranza e non nostro ma decisamente non partirebbe bene...». A ciò bisogna aggiungere un "se": «Se fosse frutto di un accordo per un ennesimo governo», continuano le fonti. Che è un po' il totem attorno al quale si sarebbe svolto - senza trovare la quadra - gran parte dell'attivismo dell'alleato leghista. Il punto in casa FdI non cambia: «Comunque vada noi sosterremo il ritorno alle urne». Torna in campo la possibilità «di incidere» su cui insiste la Meloni a proposito della rosa dei nomi che il centrodestra è chiamato a proporre: e c'è chi fa notare - a differenza di Letta - la sintonia di Conte (che ha avuto un breve incontro con la leader di FdI) per un «nome condiviso». In serata è Meloni stessa a ribadire il progetto a breve e media scadenza: «Faremo il possibile per eleggere un Presidente che difenda gli interessi della Nazione. Con la speranza che sia l'ultima volta che venga eletto così: gli italiani devono poter decidere tramite il presidenzialismo».