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Giuliano Amato al Quirinale, "se Salvini fa il suo nome...". L'indiscreto che sconvolge il totoColle

Il sogno di una vita di Giuliano Amato, forse, dovrà attendere. L'ex premier, autore del famigerato "prelievo forzoso nottetempo" che annichilì gli italiani e i loro risparmi, ambisce a diventare presidente del Tennis Club di Orbetello, rivela Tommaso Labate sul Corriere della Sera, ma è più probabile che a stretto giro di  posta si debba accontentare del Quirinale. L'ex socialista è infatti il favorito numero uno, al netto delle variabili Mario Draghi (che però si dice voglia dis-candidarsi e fare un passo indietro, già nelle prossime ore) e del Mattarella Bis, opzione che galoppa a pari passo con l'aggravamento dei contagi da Covid. Del Dottor Sottile, che ovviamente tace, si fa un gran parlare da alcune settimane. E secondo fonti di governo la strada verso il Colle sarebbe già pronta e spinata (lo era per la verità anche nel 2015, quando all'ultimo Renzi gli preferì Mattarella). 

 

 

 


"Uno dei ministri del governo Draghi con cui ha contatti da sempre - spiega l'indiscreto di Labate - dice a microfoni spenti che «l'elezione di Amato al Colle è contemporaneamente la cosa più semplice e anche la più difficile. Se la Lega ne facesse il nome rompendo l'attuale impasse e sparigliando, un secondo dopo sia Pd che Cinque Stelle aprirebbero senza esitazioni e Amato verrebbe eletto»". Di sicuro, Amato si sta giocando tutte le sue carte. Si parla di "contatti sotterranei" con cui è riuscito a farsi conoscere anche da chi non c'era ancora quando lui era uno dei protagonisti attivi della politica italiana, "da Giuseppe Conte a Matteo Salvini, passando per Luigi Di Maio. A cosa può portare tutto questo, però, nessuno può saperlo".

 

 

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A favorirlo anche la tattica della fuga al momento giusto: sempre sotto-traccia. Amato ha l'innata capacità di defilarsi per fare aumentare le sue possibilità. Un esempio? La decisione di ritirarsi dalla competizione con Francesco Rutelli per la leadership del centrosinistra alle elezioni del 2001. "Non avesse preso quella decisione - conferma oggi un suo amico a Labate - ventuno anni dopo non sarebbe qua a giocarsi l'ennesima partita per il Quirinale".