Cosa sentiremo questa sera

Sergio Mattarella, il discorso di fine anno sarà un breve addio. L'indiscrezione: "Non può dirlo, però...", trema il Parlamento

Elisa Calessi

Sarà, quello di questa sera, il discorso di Mattarella più atteso di tutto il suo settennato. Non solo perché è l'ultimo e quindi non potrà non essere un bilancio di questi burrascosi sette anni. Ma anche perché fra una ventina di giorni dovrà essere eletto il suo successore. Ne consegue che ogni sua parola, in un senso o in un altro, sarà letta anche guardando alla partita che dovrebbe cominciare il 24 gennaio. Proprio per questo, spiegano dal Quirinale - dove mai come ora le indiscrezioni sono vietate- «per quanto riguarda il successore, il presidente intende restarne totalmente alla larga». Quindi, si dice dal Colle, non ci saranno endorsement, appoggi più o meno velati, ma totale neutralità. Il faro di Mattarella è stato sempre il rispetto rigoroso la Costituzione, lo sarà anche ora. E la Carta prevede che la scelta spetti al Parlamento.

 

 




GARANTE - Il presidente non si sottrarrà, nel ruolo di garante dell'unità nazionale, dall'indicare i capisaldi che, a suo avviso, vanno tenuti presenti anche in questa circostanza. Come ha fatto nei discorsi conclusivi che ha tenuto in queste settimane, a cominciare da quello alle alte cariche dello Stato. Le parole centrali di questi interventi sono tre: responsabilità, collaborazione, ricostruzione. È evidente che il contesto - e Mattarella lo ricorderà - è quello di una risalita dei contagi, spinta dalla variante Omicron. È vero che la situazione è diversa dallo scorso anno, grazie ai vaccini. Ma la condizione sanitaria del Paese resta critica. E potrebbe peggiorare. Mattarella ricorderà che nell'ultimo anno le forze politiche, mettendo da parte gli egoismi, hanno sostenuto un governo di unità nazionale. Ora, lascerà intendere, bisogna mettere in campo lo stesso spirito. Come ha detto il 20 dicembre nella cerimonia dello scambio di auguri con i rappresentanti delle istituzioni e delle forze politiche, «non rinunciamo alle differenze e alle diversità. Ma sappiamo essere uniti sulle grandi scelte, quando le circostanze della vita lo richiedono».

 

 

 

 

E le circostanze attuali richiedono esattamente questo: che il Parlamento non si divida sull'elezione del presidente della Repubblica, ma trovi una soluzione sostenuta dalla maggioranza più ampia possibile. Non solo perché, come ha detto il premier Draghi, se il prossimo inquilino del Colle fosse eletto da una maggioranza diversa da quella che sostiene il governo, quest' ultimo ne subirebbe un contraccolpo. Ma perché gli italiani non capirebbero un Parlamento che si divide proprio ora. Vuol dire un sostegno alla candidatura di Draghi? Non può dirlo e non lo dirà. Senza dubbio, però, pronuncerà parole che suoneranno in perfetta sintonia con quanto detto dallo stesso Draghi nella conferenza di fine anno: l'elezione del prossimo presidente della Repubblica deve coinvolgere una maggioranza molto ampia (almeno la stessa che sostiene l'attuale governo) e deve avvenire in tempi rapidi. Richiamerà allo «spirito costruttivo e collaborativo» di questi mesi. «Aver saputo porre in secondo piano divisioni e distinzioni legittime, diversità programmatiche e sensibilità politiche e culturali per privilegiare un lavoro comune nell'interesse nazionale è stato molto importante», ha detto ancora alle alte cariche. E lo ripeterà, con altre parole, stasera.

 

 




SACRIFICI - Per il resto, certo, il Capo dello Stato ricorderà i sacrifici compiuti dagli italiani in questi anni, la capacità di reagire, parlerà delle sfide che ora attendono il Paese, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dei problemi ancora aperti. Ma tutto può avvenire se la politica, per prima, non smarrisce il senso di unità nazionale. Chi vuole intendere, intenda.