Strani assetti

Giorgia Meloni ed Enrico Letta "come Sandra e Raimondo": strano gioco di coppia sul Colle, cosa c'è dietro (davvero)

Francesco Specchia

Ah, l'amour. Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, a dispetto delle apparenze, erano l'arte dell'incontro: un'autentica lezione politica. Sicché non stupisce che Giorgia Meloni, all'ennesimo ritrovo tutt' altro che clandestino con Enrico Letta, si lasci scappare l'apprezzato paragone: «Io e Enrico Letta siamo un po' come Sandra e Raimondo della politica italiana...». (E Renzi, piccato, risponde: «Loro facevano più ridere», e lo si comprende). L'occasione è la presentazione del libro Pedagogia e politica, costruire comunità pensanti a cura di Luciano Violante, Pietrangelo Buttafuoco e Emiliana Mannese. E qui l'analogia con la coppia più litigiosa e amorosa dell'immaginario italiano sottende una potenziale alleanza tra due nemiciamici che mai avresti detto. Un'alleanza quasi carsica che oramai svaria su più fronti. Giusto due o tre cosine: la "maggioranza allargata" nella partita istituzionale del Colle di fine gennaio; la riforma di un sistema elettorale ben lontano dal proporzionale che evita le coalizioni prima del voto (il proporzionale piace tanto al Berlusca ma taglierebbe Meloni fuori dai giochi per il governo); la penalizzazione di chi cambia casacca, il famoso "recall" all'amatriciana; un patto per il bipolarismo che sfarini ogni deriva centrista; la modifica del jobs act renziano; e una matura e sobria "democrazia dell'alternanza" che poi è un termine di solito caro a chi viene issato sulla vetta dei sondaggi.

 

 

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SULLA VETTA

Cioè, oggi, nella fattispecie, il Pd e Fratelli d'Italia. Dice Giorgia: «Siamo persone distanti che si confrontano, questo è normale. Letta oggi è segretario del primo partito e Fratelli d'Italia è il secondo nel Paese, poi dipende dai sondaggi. Sicuramente siamo i segretari dei due principali partiti italiani. Siamo due avversari convinti, e spero leali». Enrico sorride e s' abbandona ad un cenno d'assenso. Solo fino alla settimana scorsa i due si erano scuoiati amabilmente. Meloni, presa da foga antifrancese aveva dato a Letta del «Casalino di Macron»; Enrico, su Twitter, le aveva ironicamente fatto il verso alla proposta d'un presidente "patriota" opponendole la fotografia di Sandro Pertini. "# Patriota", sì, ma non del suo genere. Prima ancora, la coppia s' era omaggiata reciprocamente sul palco melonissimo di Atreju; e Letta, dopo aver chiesto garanzie sui conti di FdI col passato, s' era sbilanciato: «Vorrei nella maggioranza per il Quirinale anche FdI». E Giorgia che l'aveva introdotto come «un antesignano delle nostre feste» strizzava l'occhiolino, allo stesso modo in cui, in un'altra festa, poco più in là, Conte e Bettini ammiccavano insieme sul proporzionale. Giorgia e Enrico. Enrico e Giorgia. Lo Yin e lo Yang. La complicità nell'avversario. Un duello a distanza illuminato da una luna allegra, canterebbe il poeta. Il Foglio ne coniò una sintesi perfetta: è il "melonlettismo". E il bello è che, in parallelo, si gioca un altro gioco delle coppie. Stavolta è Maria Elena Boschi, la renziana di tungsteno, su Repubblica ad affermare di apprezzare il "metodo Salvini" per il Quirinale: «Giusto che coordini un lavoro di tutte le forze politiche per una candidatura che ottenga il consenso più ampio. Il che non significa che la Lega dà le carte».

 

 

 

ALTRO GIRO

E ancora: «Se Renzi dialoga con Salvini si grida allo scandalo, se Letta e Meloni fanno un incontro al mese va tutto bene. Ma la verità è che il metodo è quello di trovare la maggioranza più ampia. Dei nomi», precisa Boschi, «non parlo. Siamo al lavoro per una candidatura che ottenga il consenso più ampio», constata sempre, angelicata, la Maria Elena. Si tratta, dunque, di due flirt contrapposti, della ricerca in surplace del consenso e della legittimazione reciproca con l'avversario. Qualcuno evoca, oggi, le quadriglie vorticose della politica d'inizio secolo (Veltroni e Berlusconi, Berlusconi e D'Alema, D'Alema e Bertinotti) che iniziava i suoi balli nelle bicamerali e li finiva con gli agguati in aula. In questo gioco delle coppie i partner si alternano a buon ritmo: mentre salutava Giorgia, Enrico si riuniva in un vertice con Speranza e Conte, probabilmente per arrivare a un candidato comune per il Colle. Ma cambierà ancora tutto. C'è tempo, con Draghi che fa tutto. E saranno nuovi duelli e nuovi abbracci...